Murphy makes top four prediction; tips Liverpool

Danny Murphy thinks Liverpool will end their long wait for a Premier League title this season, while he has predicted who else will finish in the top four.

The Reds have made a perfect start to the season with three wins from three – including a 3-1 victory over Arsenal on Saturday – while last season’s champions Manchester City have also made a decent start with seven points.

Murphy has tipped Tottenham to finish in third place and reckons Manchester United will pip the Gunners and Chelsea to fourth spot.

“I think Liverpool will win the league this year,” Murphy told the Daily Mirror.

“Only one club had done it three times on the trot and I think Man City will be so Champions League focused.

“So I’m going Liverpool, City and then Tottenham, I think they’ll take third.

“I actually think fourth will go to Man United. I think Chelsea will do all right and Frank Lampard is a great appointment.

“But United have gone big in the market and the quality they have in the final third – I mean there is doom and gloom around them, but I think they’ll surprise a few.”

 

Click Here: NRL Telstra Premiership

Klopp reveals what he told Liverpool players at HT v Arsenal

Jurgen Klopp has revealed what he told his Liverpool players during their half-time team talk in their 3-1 victory over Arsenal.

A Joel Matip header and a brace for Mohamed Salah sealed a comfortable victory for the Reds, who were by far the better side in the second half, although Lucas Torreira scored a consolation late on.

Klopp told reporters: “I said at half time to the boys, ‘how do you think they [Arsenal] feel?’ because it was an intense first half, and they had to make all the runs as well. We did them, but they had to make them as well.

“I really thought the tempo, we put in the game from the beginning was incredible, was really incredible. There was no time to breathe.

“Adrian, catch the ball (throws out), go. Robbo gets the ball, goes, oh really, again? We did it constantly. I like that.

“The opponent of the quality of Arsenal, you have to break somehow. Break them physically, yes. Of course. So now, we play, here, pass the ball there, do what you have to (to break them).

“I think we will be fine, try to do the right things in the right moment, and now we have again a day or two off, and then the last time for a long, long time, and then we start again.”

 

Autunno Nepalese, tra spedizioni alpinistiche e questione tibetana

Manuel Lugli fa il punto della situazione di quest’autunno dell’alpinismo in Nepal dopo la chiusura degli Ottomila tibetani per le Olimpiadi e l’atteggiamento filo cinese del Governo nepalese.

In molti ci eravamo chiesti come sarebbe stato il dopo Olimpiadi per l’alpinismo himalayano. Ci si chiedeva se la chiusura dell’Everest e delle altre grandi montagne tibetane per il passaggio della fiaccola olimpica sarebbe poi stata davvero “temporanea”, ma anche e soprattutto se la stretta del governo cinese su tutto il Tibet si sarebbe allentata almeno un po’.

La risposta è arrivata puntuale con questa nuova stagione autunnale e non è per nulla confortante come ci scrive Manuel Lugli da Namche Bazar: un Tibet in regime di “semi libertà” fa da contraltare ad un Nepal che, del resto come tutto il mondo occidentale, “subisce” il potere economico della Cina.

In questo quadro anche l’alpinismo himalayano, in verità forse l’aspetto meno importante del tutto, deve subire restrizioni e controlli fino a poco tempo fa sconosciuti. Con gli alpinisti costretti ad affollare, tutti insieme ma non si sa quanto appassionatamente, gli Ottomila nepalesi; come il Manaslu che registrerà il numero record e assurdo di 25 spedizioni al campo base… Anche questo è il segno evidente di un Tibet prigioniero.

Greetings from Namche
di Manuel Lugli

Atterrando al Tribhuvan International Airport di Kathmandu in questa calda giornata di settembre, ritrovo l’atmosfera solita: traffico, caos, clacson e brulichio di persone ovunque. Ed il verde brillante delle colline dissetate dalla coda del monsone. Ma in quest’autunno 2008, vi sono molte cose diverse. Fatti che riguardano aspetti importanti della vita nepalese, come il governo a larga maggioranza maoista, nato dalle elezioni di aprile o come il palazzo reale, simbolo per eccellenza della secolare monarchia nepalese dissoltasi in poche storiche settimane nel 2006, ora svuotato dalla corte di re Gyanendra ed in procinto di diventare museo della neonata repubblica del Nepal.

Il cambio drastico di governo è un evento storico, anche se non sembra, al momento, aver portato sconvolgimenti istituzionali, né allo stile di vita dei nepalesi. Né in meglio, né in peggio. Qualche conflitto interno agli stessi maoisti, oltre che fra le tre componenti del governo – maoisti, comunisti ed i moderati del Nepali Congress – sembra riproporre scenari già visti in passato, mentre il cronico deficit economico-finanziario del paese rende difficile ai “maobadi” la governance, rallentando per ora le radicali riforme istituzionali sbandierate in campagna elettorale. Il premier Prachanda, da buon maoista, ha lo sguardo più rivolto verso la Cina – dove ha fatto la sua primissima visita ufficiale dopo le elezioni – che all’India, la quale si è mostrata un poco infastidita da questo fatto. In ogni caso non potrà pensare di governare il Nepal senza il supporto economico delle due potenze confinanti.

Meno importante, ma con una grande portata simbolica che forse rende maggiormente l’idea del cambiamento del Nepal, è l’ “apertura” (non ancora avvenuta ma, pare, molto prossima) del palazzo reale. Un avvenimento che i nepalesi sembrano aver assorbito con indifferenza – forse perché avvenuto senza gli spargimenti di sangue che di solito accompagnano le prese di palazzo – ma che solo poco tempo fa sarebbe stato impensabile. Il palazzo reale, con la sua opulenza, con i suoi accessi guardati notte e giorno da soldati fedeli e circondato da una chilometrica muraglia nel cuore stesso di Kathmandu, era il primo simbolo dell’intangibilità terrena e divina del re. Ora il re vive poco fuori Kathmandu, circondato dalla stessa impenetrabilità e opulenza, ma è diventato “periferico”, non è più al centro del Nepal.

Gli altri cambiamenti di questa stagione riguardano un aspetto sicuramente meno importante dal punto di vista storico, ma considerevole per il panorama alpinistico e sono legati alla situazione tibetana. Con un Tibet ancora in regime, per così dire, di semi-libertà, in cui è consentito l’accesso ai turisti solo per brevi tour classici – Lhasa, Gyantse, Xigatse, una botta e via, a casa; in cui la CTMA, sotto stretto controllo delle autorità cinesi ha emesso pochi permessi per Cho Oyu e Shisha Pangma (Everest ancora off limits), ma solo dopo aver introdotto nuove regole molto restrittive sul numero dello staff nepalese ammesso e sul numero degli alpinisti, i quali devono per forza essere di una sola nazionalità all’interno di uno stesso team; in cui gli alpinisti diretti in Tibet sono costretti ad attese snervanti prima a Kathmandu per ottenere il visto (una settimana) e poi a Kodari, il confine tra Nepal e Tibet, per i capricci arroganti delle autorità cinesi – é giunta notizia di una spedizione italiana diretta al Cho Oyu bloccata a Kodari per ben dieci giorni…

Con tutto ciò dunque, il Nepal vive una “seconda primavera”. La maggior parte delle spedizioni, infatti, dirette agli ottomila “facili” del Tibet, hanno dirottato sull’unico ottomila “facile” del Nepal, il Manaslu. Qui sono già presenti – o stanno convergendo – ben venticinque teams, per l’autunno più affollato che la cronaca riporti per questa montagna. C’é veramente di tutto: Nives Meroi, Romano Benet e Luca Vuerich con alcuni compagni, Edurne Pasaban con il team della TVE, in sfida diretta con Nives per l’undicesimo ottomila, Russel Bryce con i suoi clienti – e se persino lui, il “boss” dell’Everest Nord non é in Tibet, questo la dice lunga sull’atteggiamento dei cinesi… – Henry Todd e molti, molti altri alpinisti e sherpa. Altre spedizioni si trovano al Dhaulagiri ed all’Annapurna, altre ancora all’Everest, come la grossa spedizione scientifica italiana Highcare o quella coreana che tenterà la salita della via di Bonington.

La morte del Tibet è dunque la vita del Nepal, almeno per ciò che riguarda l’alpinismo. Quanto questo durerà non è dato sapere. Qualcuno sperava che dopo i giochi olimpici la situazione tibetana potesse tornare ad una sua pseudo-normalità: non ne sono mai stato convinto ed i fatti, purtroppo, mi danno ragione. Leggo che il Presidente Napolitano ha detto che le olimpiadi sono state un bene per la Cina e per il suo atteggiamento nei confronti delle minoranze e dei diritti umani. Il Presidente è persona seria e stimabile, ma non so proprio da dove tragga la sua fiducia, quando ogni segnale che giunge dal Tibet – e dalla Cina – testimonia l’esatto contrario.

Testimonia il protrarsi di un’arroganza, di una chiusura incondizionata, di una protervia violenta che non teme ritorsioni. Perché non ci saranno mai ritorsioni nei confronti di una potenza, la Cina, che tiene sempre più le redini di un’economia mondiale cui tutti i paesi occidentali – sempre più economicamente decotti, Europa ed USA in primis – guardano con un misto di timore e attrazione, sicuramente con la volontà di non rendersela nemica. Possono bastare due cerimonie sfarzose e pacchiane, quindici giorni di sport blindato e qualche record mondiale per cambiare una rotta politica? Per ridare voce agli ultimi, a pochi pastori nomadi delle alte quote?

Ma c’e davvero ancora qualcuno così ingenuo da credere che lo sport, la fratellanza, De Coubertin, tutti per mano, baci e abbracci cambino qualcosa? Questa é guerra, baby. Guerra di muscoli, sangue, potere e soldi. Tantissimi soldi. Persino il Dalai Lama, solitamente molto cauto nelle sue dichiarazioni, durante queste olimpiadi ha avuto parole inaspettatamente dure sulla repressione che é proseguita senza sosta, e senza testimoni, durante i giochi. Anche questo è un segnale. Un segnale che solo gli ingenui ed i furbi “interessati” possono fare finta di non avvertire.

Manuel Lugli

www.nodoinfinito.com

Click Here: habitat tord boontje

Bruno Detassis nella WebTv del TrentoFilmfestival

Un film e un’intervista in ricordo di Bruno Detassis, grande alpinista e uomo delle Dolomiti del Brenta.

Per ricordare Bruno Detassis, alpinista e simbolo delle Dolomiti del Brenta, per gentile concessione degli autori sono stati pubblicati nella WebTv del TrentoFilmfestival due documenti video che restituiscono ciò che Bruno era per tutti gli alpinisti.
“Lo domanderò alla montagna” è un film del 1999 per la regia di Francesco Paladino e le riprese di Ermanno Salvaterra in cui Bruno Detassis arrampica, in un’atmosfera da sogno, nelle Dolomiti del Brenta.
Click Here: PuttersIl secondo filmato è un’intervista raccolta da Lorenzo Paccagnella il 19 giugno 2001, in cui Bruno Detassis esprime l’essenza del suo rapporto con la montagna e con l’alpinismo.
>> Lo domanderò alla montagna
>> Intervista a Bruno Detassis

Devero by night Alp ski race

Click:Global Flower Supplier

Il 12/01/2008 in Valdossola si svolgerà gara di scialpinismo notturna organizzata dalla rivista ALP

Sabato 12 gennaio 2008 con partenza alle ore 17 si svolgerà la "Devero by night ALP ski race" gara di scialpinismo in notturna e non competitiva all’Alpe Devero (Comune di Baceno – VB). Si tratta di una staffetta a coppie con salita e discesa sulle piste del comprensorio sciistico dell’Alpe Devero. Ognuno dei due concorrenti delle squadre dovrà effettuare il percorso (250 metri di dislivello in salita) due volte alternandosi al compagno.

Il fenomeno delle gare di scialpinismo notturno trova spazio sul numero attualmente in edicola della rivista Alp che ha pubblicato il calendario della stagione in corso su tutto l’arco alpino, da ovest a est. Molte altre competizioni notturne in pelli di foca della stagione sono ora organizzate direttamente da Alp che, nel montepremi, inserisce libri, riviste e abbonamenti. Come nel caso del circuito Valdostano-Piemontese "Cronoscalate sotto le stelle" (che vede la partecipazione di campioni del calibro di Dennis Brunod, Jean Pellissier, Gloriana Pellissier) o come nel caso dell’ossolano "Dynafit ski tour", circuito nel quale compare una notturna nata sotto l’egida di Alp.


Info gara:
Devero ALP Ski Race (Baceno, Vb)
data: 12.01.2008
Staffetta a coppie notturna – dislivello per giro 250m da ripetere 2 volte a concorrente
partenza da Devero ore 17.00
iscrizione sul posto
costo €.30 a coppia con pacco gara e cena
materiale obbligatorio: casco, frontale
info: Lorenzo Scandroglio, ph. 339.4046395
organizzazione: "Dynafit Ski Tour – circuito ossolano di scialpinismo", è organizzata in collaborazione con il Comune di Baceno, la Comunità Montana Antigorio Formazza, la Pro Loco di Baceno e una cordata di sponsor locali.

Click Here: pandora Bangle cheap

Vetta del Vinson per la Spedizione del Centro di Addestramento Alpino

Il 5/01/2008 alle 14.00 ora antartica (18.00 italiane) Ettore Taufer, Giovanni Amort, Elio Sganga e Marco Farina del Centro di Addestramento Alpino hanno raggiunto la vetta del Mont Vinson (4897m) la cima piu’ alta dell’Antartide.

Con la vetta del Vinson la spedizione del Gruppo Militare di Alta Montagna ha concluso con pieno successo il progetto che, proprio alla fine dell’Anno Polare Internazionale a cui era dedicato il 2007, si proponeva, oltre alla salita della più alta cima del Continente Antartico, anche una traversata di 300 km con gli sci e in piena autonomia partendo dalla base commerciale di Patriot Hills. Una prima parte del progetto che i 4 alpinisti hanno completato in 14 giorni, giungendo alla base del Vinson il primo gennaio scorso.

Questo il “ruolino” di marcia verso la cima del Vinson da parte di Ettore Taufer, Giovanni Amort, Elio Sganga e Marco Farina. Il 4 gennaio, tutti e 4 i membri del team sono partiti dai 2125m del Campo base. Raggiunta con gli sci quota 2800m hanno poi proseguito la scalata saltando il classico Campo 1 e puntando direttamente al Campo alto a 3940m. che hanno raggiunto dopo 9,30 dalla partenza. Naturalmente il tutto con temperature polari.

Il giorno dopo, partendo alle 10.00 ora locale, hanno proseguito per la vetta raggiungendo dopo 4 ore di ascesa i 4897m del punto più alto dell’Antartico. Poi la veloce discesa verso il Campo base che hanno raggiunto verso le 19.00 (23.00 italiane). Naturalmente il tutto con temperature bassisime, degne appunto dell’Artico.

Va segnalato che la vetta del Vinson (che fa parte delle Seven summit, ovvero le vette più alte vette di ciascun continente) fino ad ora aveva avuto solo sette salite “italiane” e che la traversata dei 300 km da Patriot Hills al Campo base era stata effettuata solo un’altra volta ma per un percorso diverso.

La spedizione in Antartide è stata organizzata dal Centro Addestramento Alpino di Aosta col patrocinio della Regione autonoma Valle d’Aosta e della Provincia di Torino. Fornitori della logistica Guide Alpine Star Mountain

Componenti spedizione

1° Mar. Ettore Taufer – Capo Spedizione
46 Anni, Trentino, Guida Alpina Militare, Alpinista Accademico Militare, Guida Alpina (UVGAM), Maestro di Sci Alpino e Sci di Fondo, Tecnico Nazionale Soccorso Alpino, Istruttore Nazionale di Alpinismo e Sci Alpinismo del Club Alpino Italiano,.

1° Mar. Giovanni Amort
42 Anni Trentino, Guida Alpina Militare, Alpinista Accademico Militare, Guida Alpina (UIGAM), Maestro di Sci Alpino e Sci Nordico, Tecnico Nazionale Soccorso Alpino, Istruttore Nazionale di Alpinismo e Sci Alpinismo del Club Alpino Italiano.

Mar. Ca. Elio Sganga
33 Anni Lombardo, Guida Alpina Militare, Aspirante Guida Alpina (UIGAM), Esperto Militare Neve e Valanghe

C. le VFP 4 Marco Farina
24 Anni Valdostano, Istruttore Militare di Alpinismo, Istruttore Militare di Sci, Aspirante Guida Alpina (UVGAM).

Click Here: pandora Bracelets

The Roaches, arrampicare in Inghilterra

Per molti l’atmosferica falesia Roaches è semplicemente la miglior falesia di gritstone in Inghilterra.

Il Roaches è rinomata come una delle migliori falesie di gritstone in Inghilterra, un posto davvero speciale nel cuore dei climbers Brittanici. Situata più a sud rispetto alle altre falesie di gritstone, è suddivisa in tre settori: il Lower Tier, riparato dal vento e durante l’estate a volte un pò umido, il più esposto e imponente Upper Tier e la suggestiva e remota Skyline area.
Click Here: Fjallraven BackpacksData la bellezza della falesia, non è sorprendente che la lista dei primi salitori sia composta da alcuni dei migliori arrampicatori inglesi: John Allen, Joe Brown, Nick Dixon, Gary Gibson, Pete Harding, Simon Nadin, Don Whillans e Johnny Woodward. Tutti hanno aiutato a produrre vie di gran classe, da facili fessure a delicate placche, con vie come Valkyrie VS 4c, Via Dolorosa VS 4c, The Sloth HVS 5a, Saul’s Crack HVS 5a, Elegy E2 5c, Wings of Unreason E4 6a e Thin Air E5 6a che sono apprezzate tra le migliori dell’isola. Alcune vie avranno quasi cent’anni. A prescindere dall’età, la falesia del Roaches continuerà ad essere una tempio per molte generazioni future

ARRAMPICARE A THE ROACHES, INGHILTERRA

Markus Bendler e il  Movieblog del Principe del ghiaccio

Il primo video di 10 con il campione di arrampicata su ghiaccio Markus Bendler.

"Circa un’ora di trazioni e pan Güllich finché sento che sono stanco poi, con sovraccarico, faccio dei giri sul panello di 11 minuti, durante i quali faccio 50 trazioni. Quindi, nei i 5 minuti di pausa, faccio 50 flessioni. E poi si inizia da capo!" Ecco, in breve, l’allenamento dell’austriaco Markus Bendler, il vincitore della Coppa del Mondo di arrampicata su ghiaccio 2009 e 2010 nonché del Campionato del Mondo 2009.

Anche in falesia ovviamente Eisprinz – il Principe del ghiaccio – ha lasciato il suo segno – come per esempio Das Erbe der Väter 8c+ allo Schleierwasserfall. Ecco il primo capitolo del suo Movieblog:

Eisprinz – capitolo uno con Markus Bendler

Click Here: Fjallraven Backpacks

Gasherbrum II in inverno: Campo 2 per Moro, Urubko e Richards

Il 25 gennaio 2011 Simone Moro, Denis Urubko e Cory Richards hanno installato il Campo 2 a quota 6500m sul Gasherbrum II, compiendo un passo importante nel loro tentativo di prima salita della 13a montagna per altezza della terra.

Buone notizie dal tentativo di prima salita invernale del Gasherbrum II. Dopo aver installato il Campo 1 a 5900m, ieri Simone Moro, Denis Urubko e Cory Richards hanno installato anche il Campo 2 a 6500m. Il tutto in 4 giorni di “lavoro” e 3 notti passate sulla montagna. Questo è un passo molto importante per la spedizione ed ha richiesto anche uno sforzo non indifferente. Sia per le temperature bassissime (ieri notte al Campo 2, dove i tre hanno pernottato, il termometro ha toccato i -46 °C) sia per le difficoltà incontrate… come ci ha spiegato Simone Moro in questa intervista volante via Skype…

Allora… Simone siete al Campo base?
Sì, siamo al campo base… da mezz’ora… che sfacchinata.

Raccontami cosa avete fatto…
Con Denis e Cory abiamo passato 3 notti e 4 giorni di lavoro sulla montagna. Le 3 notti sono state durissime per le temperature. – 41 – 43 e – 46 l’ultima… BESTIALI

Freddino davvero 😉 ma andiamo con ordine, dal campo base com’è la "strada" per arrivare al Campo 1?
Dal Campo base a 5050m per arrivare al Campo 1 a 5900m è un vero labirinto. Abbiamo usato 150 bandierine per marcare il percorso. Abbiamo fatto innumerevoli voli dentro a crepacci bestiali… ma grazie alla progressione in cordata siamo ancora tutti qua. Poi Denis ed io abbiamo dovuto usare tutto i nostro fiuto per trovare una via nel dedalo. E anche Cory ha dato una mano…

Gran lavoro…
Sì, di sicuro la spedizione che sta arrivando per tentare il G1 si troverà tutto fatto 😉

Poi…
Siamo arrivati a Campo 2 a 6500m e lì abbiamo passato la notte. Arrivarci è stata durissima. Cornici e scivoli di ghiaccio o neve instabile. Poi non avevamo corde fisse e ci siamo ritrovati a fare collage di vecchi spezzoni in alcuni punti. Non avevamo ancoraggi così abbiamo lasciato le nostre piccozze

Ma come mai vi siete trovati senza corde e ancoraggi dal Campo 1 al Campo 2?
Perché il G2 dicono che è facile… è facile in estate con 20 spedizioni, caldo, corde fisse ovunque ma d’inverno è serissimo!! C’è uno sviluppo lunghissimo e i nervi sono sempre tesi… dal Campo1 al Campo 2 ci abbiamo messo 2 giorni. A parte gli scherzi abbiamo deciso per uno stile leggero e queste scelte costano care…

Ecco, allora, dopo aver dormito al Campo 1, avete cominciato a salire verso il Campo 2...
Nel plateau siamo saliti sempre con la neve alla pancia e solo quando abbiamo toccato il G2 finalmente la musica è un po’ (dico un po’) cambiata. E abbiamo organizzato un bivacco a 6250m, sotto un seracco, all’inizio della parte più esposta, aerea e verticale del tratto che conduce al G2

E la mattina dopo…
Siamo partiti da 6250m e al tardo pomeriggio eravamo soltanto a 6500m. Quasi un giorno per fare 250 fottutissimi e pericolosi metri di salita siamo saliti sullo spigolo di ghiaccio e neve addossato al pinnacolo di roccia sottostante al C2. Molto ripido, esposto, delicato. Con una cresta finale davvero affilata che mi ha fatto rizzare i capelli… lungo la salita ho trovato qua e la qualche corda sepolta o ghiacciata e con Denis abbiamo lavorato per renderle utilizzabili, almeno in parte.

Avete installato e passato la notte al Campo 2, oggi siete ritornati al campo base… E ora?
Ora non resta che camminare da C2 alla cima…

Spiegami questo “camminare” dal Campo 2 alla vetta del G2…
Dal C2 si procede su una spalla a 45° e poi si continua con un lungo traverso sotto la piramide sommitale (35°) finché non si arriva a 7850 sulla cresta finale. Da lì, tra una raffica e l’altra di vento, bisogna solo lottare e andare in cima. Questo è il "camminare" che ci resta…

Cosa avete in mente per il tentativo alla vetta?
La nostra tattica è semplice: partiamo dal Campo Base e andiamo al Campo 1 (qui passiamo la prima notte). Poi saliamo dal Campo 1 al Campo 2 (seconda notte). Dal C2 prendiamo la tendina e saliamo al Campo 3 (6900m), montiamo la tendina e dormiamo. Dal Campo 3 partiamo per la vetta.

E questo quando succederà?
Partiremo quando il mio meterologo Karl Gabel mi dirà: Simone parti! Mi fido di lui al 100%

Com’è il morale del team?
Io e Denis quando siamo assieme in condizioni limite siamo veramente due animali, e qua al G2 siamo due animali. Cory lo ha capito e si è adattato perfettamente. D’altra parte qua in Karakorum, in inverno, è davvero una lotta, e devi essere pronto a farla anche per 3 mesi se vuoi vincere.

La cosa che finora ti ha sorpreso di questa spedizione?
Che siamo qua da 16 gg e non ci sembra vero che il prossimo tentativo punterà già alla vetta. Magari falliremo… ma è bello avere già tutto in loco. Certo io e Denis ci siamo sparati 5 notti mostruose sulla montagna e giornate intere a sgobbare…

Ci spieghi cosa vogliono dire – 43, – 46 °C … è la temperatura più bassa che hai incontrato?
Forse al Makalu e allo Shisha (sempre d’inverno ndr) abbiamo trovato qualche ora più fredda (sulla cima) ma eravamo in azione. Temperature di -46 °C di notte MAI. Anche Denis mi ha detto che non ha mai provato così freddo. Stanotte ha tremato tutta la notte…

Allora… cosa si sogna di notte a – 46 °C…
Stiamo sempre in 3 in tendine da 2/3 persone. Dormiano con la tuta d’alta quota infilati nel sacco a pelo. L’attenzione maggiore è per i nostri piedi… perché è facile congelarseli anche nel sacco a pelo. Poi la mattina siamo dei mostri di ghiaccio in sacchi a pelo rigidi e ghiacciati. Ma… diciamo che sono sorpreso perché dormo, seppur a tratti, ma dormo.

Dai Simone 😉 dimmi cosa desideri di più in questi giorni?
La cosa che desidero di più ora è giocare con Jonas, mio figlio di 1 anno e 1 mese. E stare con mia moglie Barbara… La seconda cosa è pilotare un po’ l’elicottero in Montagna o in Nepal che mi piace alla follia

>> Gasherbrum II d’inverno, Simone Moro e l’alpinismo ai tempi di Skype

>> VIDEO – GII WINTER EXPEDITION – DISPATCH 3

Click Here: Italy Football Shop

Ren Zhong Feng, prima salita in Cina

Il 28/11/2009 gli alpinisti danesi Kristoffer Szilas e Martin Ploug con Lost to Ice (TD, M4, Wi4, 1300m) hanno effettuato la prima salita dello Ren Zhong Feng, montagna alta 5800m nella zona del Sichuan in Cina. Nello stesso periodo e sulla stessa montagna sono stati dati per dispersi 4 alpinisti ungheresi.

A volte basta poco per accendere un sogno inesplorato. Nel caso di Kristoffer Szilas e Martin Plougsi tutto è nato da una fotografia dello Ren Zhong Feng scattata dall’esploratore giapponese Tamotsu "Tom" Nakamura. Amore a prima vista? Fatto sta che lo scorso ottobre i due giovani alpinisti danesi, assieme a Carsten Jensen, hanno fatto rotta per l’estremo oriente. E, manco a dirlo, la meta era proprio quella (ancora inviolata) montagna di 5800m posta a sudovest ed a una giornata di viaggio dalla metropoli cinese di Chengdu.
Poi il sogno è arrivato a compimento. Così, dopo aver fissato il Campo base a 4500m, con tre bivacchi e quattro giorni in totale Szilas e Ploug hanno effettuato una salita in stile alpino lungo la parete est e la cresta nord, lunga 1,5 km, raggiungendo la cima il 28 novembre. Non senza qualche imprevisto che ha reso il tutto un’avventura di quelle che, aldilà dell’altezza e della difficoltà, è difficile dimenticare.

"La via si è rivelata molto lunga e faticosa a causa della lunga cresta, ma era priva di pericoli oggettivi." ci ha detto Szilas "L’abbiamo gradata TD: M4, WI4, e sui 1300m di sviluppo complessivi abbiamo incontrato la maggior parte delle difficoltà tecniche sulla parete est, ma una tempesta e ghiaccio durissimo sulla cresta nord ci hanno reso la salita in cima lunga e faticosa (18 ore andata e ritorno dal nostro terzo bivacco). Scendendo di notte dalla cima Martin è scivolato mentre cercava di piantare una vite da ghiaccio ed è caduto per 30m lungo la parete ovest alta 1000m. Per fortuna sono riuscito a fare un classico salto sull’altro lato della cresta, giù per la parete est, che ci ha salvato le vita. Martin era pieno di botte ma grazie agli antidolorifici è riuscito a scendere al bivacco, dove abbiamo riposato, per poi raggiungere il campo base il giorno successivo."

"Credo che abbiamo praticamente scelto la ciliegina sulla torta", ha precisato ancora Szilas, "le cime circostanti non hanno lo stesso carattere dello Ren Zhong Feng. Nel Sichuan credo che l’azione in futuro si svilupperà più a ovest, nella zona che Tom Nakamura chiama la Gorge. Un’area dove ci sono "tonnellate" di cime mai salite che sembrano davvero interessanti."

Infine, una nota tragica. Poco prima della loro partenza per la Cina i due danesi hanno appreso che un team ungherese composto da Peter Csizmadia (37), Veronika Mikolovits (35), Balazs Pechtol (31) e Katalin Tolnay (36) non aveva era più tornatas proprio dallo Ren Zhong Feng. Purtroppo, nonostante le operazioni di ricerca avviate dal Sichuan Mountaineering Association, degli alpinisti non si è trovata alcuna traccia. E anche questo dà la misura dell’avventura e dell’alpinismo che, nel bene e nel male, quelle montagne come tutte le montagne offrono.

Click Here: Spain Football Shop