Michele Boscacci e Laetitia Roux nuovi campioni europei di sci alpinismo

I Campionati Europei di sci alpinismo si stanno svolgendo a Les Marécottes in Svizzera. La gara individuale è stata vinta venerdì 5 febbraio dall’azzurro Michele Boscacci e dalla atleta francese Laetitia Roux

A Les Marécottes in Svizzera la neve fresca ed un bel sole hanno salutato l’inizio della terza tappa della Coppa del Mondo di sci alpinismo 2016, valida in questo caso anche come Campionato Europeo. La gara Individuale Senior di ieri è stata vinta da Michele Boscacci (ITA) e da Laetitia Roux (FRA), mentre Anton Palzer (GER) e Alba De Silvestro (ITA) hanno vinto l’oro nella loro categoria Espoir. Davide Magnini (ITA) e Lena Bonnel (FRA) hanno invece vinto nella categoria Junior, mentre Ekaterina Shishkina (RUS) e Florian Ulrich (SUI) nella categoria Cadetti.

SENIOR MASCHILE
La gara Senior è iniziata ad una velocità impressionante, con i più forti che si sono subito staccati dagli altri atleti. Alla prima salita il francese Matheo Jacquemoud ha aumentato il ritmo e ha preso il commando al primo punto di controllo. Durante la gara Michele Boscacci, Anton Palzer e Kilian Jornet Burgada hanno tutti lottato per arrivare in testa, nell’ultima salita Boscacci è riuscito a staccarsi dagli altri per vincere la gara in 1h24’31”. Kilian Jornet è arrivato secondo in 1h25’00 “, mentre Anton Palzer (GER) ha vinto la medaglia di bronzo. Questi tre sono stati seguiti da Xavier Gachet, Matheo Jacquemoud, Matteo Eydallin, Didier Blanc, Alexis Sevennec, Martin Anthamatten, Virt Leo e Manfred Reichegger.

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SENIOR FEMMINILE
Laetitia Roux non ha lasciato alle sue avversarie nessuna possibilità e ha vinto in 1h27’36”; la Svizzera Jennifer Fiechter ha concluso il campionato al secondo posto in 1h30’01″mentre la spagnola Claudia Cotrina si è classificata terza in 1h30’36”. La top ten comprende anche Victoria Kreuzer, Katia Tomatis, Laura Orgue, Martina Valmassoi, Nahia Quincoces, Alba De Silvestro e Ida Nilsson.

ESPOIR
Tra le donne Espoir, De Silvestro (Italia) ha confermato il suo ottimo stato di forma completando il percorso in prima posizione (1h36’15”) davanti a Marianne Fatton (Svizzera) e Joahanna Erhart (Austria). Tra gli uomini, come da pronostico, Anton Palzer (3° in classifica assoluta) è salito sul gradino più alto del podio (1h25’27”) davanti a Remi Bonnet (Svizzera) e Nadir Maguet (Italia).

JUNIORS
Davide Magnini ha preso il titolo europeo e l’evento di Coppa del Mondo davanti all’altro italiano Nicolò Canclini e al francese Samuel Equy. La gara femminile ha visto Lena Bonnel battere la sua compagnoadi squadra Adele Milloz e Giulia Murada (ITA).

CADETTI
La russa Ekaterina Osichkina ha vinto la categoria Cadetti, battendo Justine Tonso (FRA) e Samantha Bertolina (ITA). Nella gara maschile la Svizzera ha segnato un triplo podio con gli atleti Florian Ulrich, Patrick Perreten e Aurélien Gay.

Dopo le gare individuali, la Coppa del Mondo e Campionato Europeo prosegue oggi con la Vertical Race. Domenica invece la sfida dello Sprint segnerà il gran finale di questi tre giorni.

Just Rocking

Il Mediterraneo. Un’isola. L’arrampicata. I climber. Un faraglione. La scalata. I massi. I boulder. E poi il sole, il mare, il cielo. Gli amici del Team E9 e il loro viaggio arrampicata in video e parole.

JUST ROCKING

Immagini sovrapposte alla strada attraverso l’obiettivo confondo quello che vivo con quello che immagino la musica già dentro in fondo all’autostrada un gruppo di amici vecchi e nuovi lascia il prima sul molo

La Torre si vede appena nel buio del mattino sono al posto giusto mentre diventa blu rosa arancio sulla scogliera seguo rapito i segni delle rocce che dicono che sono un climber sempre

Sulla collina scalare quello che vogliamo adesso palle di granito infuocate nella luce del Mediterraneo mi perdo dentro un blocco un altro traverso una due birre nel bosco altri blocchi e fino a che rosso arancio blu

Mauro è da anni qui senza numeri mappe stupiti festeggiamo alla Torre insieme ora

Usciamo con i crash e tutto nel saccone non sappiamo per dove nel sole senza vento il mare ci porta al faraglione perché è lì ad una placca saliamo lasciandola come era in cima i segni di altri persi qui prima davanti un’altra isola di rocce… Just Rocking

Andrea Gallo

camera, air & edit: Andrea Gallo timelapse: Michele Caminati graphics: Daniele Troiani still Photo: David Morresi
climbers: Anna Borella Claudia Ghisolfi Daniela Feroleto Mauro Calibani Stefano Ghisolfi Valdo Chilese Michele Caminati Gabriele Gorobey David Morresi

Info: www.enove.it

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Valle Stura di Demonte, cascate di ghiaccio in Piemonte

Qualche idea per andare a visitare la Valle Stura di Demonte in Piemonte e per fare qualche salita su cascate di ghiaccio nel Vallone di Collalunga e nel Vallone di Pontebernardo. Di Elio Bonfanti.

La Valle Stura
Questa vallata è interamente nella provincia di Cuneo, si sviluppa per circa 50 Km ed inizia da Borgo San Dalmazzo per terminare al Colle della Maddalena o col di Larche per i Francesi. Questo è un vero e proprio spartiacque alpino che divide le alpi Marittime dalle alpi Cozie, ed è anche un importante valico stradale (statale 21) aperto tutto l’anno che la collega con la Francese valle dell’Ubaye.

L’orientamento del solco vallivo è verso Ovest sino all’ abitato di Pianche, da dove, piega poi leggermente verso Nord, Dalla valle principale si diramano parecchi valloni laterali, alcuni dei quali particolarmente significativi sia per dimensioni che per risorse ambientali e sono per lo più percorsi da antiche strade militari che permettono tutt’ ora di salire, talvolta abbastanza in alto, con mezzi motorizzati.

Il vicino Brec de Chambeyron offre delle salite alpinistiche interessanti ma le attività sportive legate alla frequentazione di questa vallata sono molteplici, si possono praticare tutto l’anno e vanno dall’ arrampicata allo scialpinismo (vera vocazione della valle) , dal kayak al ciclismo sia su strada che fuoristrada, per arrivare sino all’ arrampicata su ghiaccio. Attività questa sicuramente marginale e circoscritta ad un numero ristretto di flussi (rispetto ad altre vallate alpine) ma che trova la sua perla nell’ effimera cascata delle Barricate che domina, dall’alto dei sui 500 metri di sviluppo l’abitato di Pietraporzio.

Negli anni l’esplorazione alla ricerca di linee ghiacciate è stata sistematica e febbrile ad opera perlopiù dei personaggi di spicco dell’ alpinismo Cuneese ed è a mio parere, culminata con la realizzazione di L’ostu d’oc da parte di Bianco, Guastavino e Ravaschietto imbeccati da una soffiata del Valdostano Ezio Marlier. Sembrava quindi che oramai tutto fosse stato salito ed esplorato ma ecco che un inverno senza neve come questo ha permesso di scovare delle nuove linee certamente non indimenticabili come quelle menzionate ma che certamente permetteranno a molti di trascorrere delle belle giornate su ghiaccio.

Tra il 2010 e gli ultimi mesi del 2015 Danilo Collino, molto attivo in valle, accompagnato da un nutrito numero di amici, in varie stagioni oltre ad aver scovato e salito una serie di flussi di modesta difficoltà nel vallone di Sant’ Anna di Vinadio, ha fatto visita nel 2012 al vallone di Collalunga trovando, dopo il lago di San Bernolfo, una serie di linee ancora inscalate che sia pur di breve sviluppo e non troppo difficili potevano essere salite seguendo varie linee.

Personalmente in modo abbastanza continuativo frequento questa bella vallata e quest’ anno sfruttando come già detto il vantaggio dato dalla carenza di neve mi sono spinto nel vallone di Pontebernardo raggiungendo il rifugio Zio John ai prati del vallone posto a 1750 metri. Da questo risalendo l’ evidente vallone soprastante su una agevole mulattiera in direzione del rifugio della Lausa mi sono imbattuto in una serie di colate sulla destra idrografica (sotto i Becchi delle Scolettas) che avevo già avuto modo di apprezzare anni prima durante una gita di scialpinismo. Pensavo che entrambe sarebbero andate ad aggiungersi al novero delle ultime scoperte ma poi parlando prima con Angelo Siri e verificando poi sul libro “Cascate” di Ghibaudo mi sono reso conto che una di queste, era, insieme ad un’altra appena più in basso, già stata salita nel 1989… ed erano state chiamate le Püpe d’ Or ad imperitura memoria di un qualche prosperoso petto femminile incontrato durante la campagna di ricerca svolta in valle. Ora però sul fatto che da allora nessuno sia mai tornato in quei luoghi qualche dubbio ce l’ho per cui con buona pace di tutti direi che per ora posso darla come possibile prima salita e che, se qualcuno pensa di averla fatta prima del sottoscritto sarà un piacere rettificarne l’attribuzione.


PUNTI DI APPOGGIO

L’ Ostu d’Oc. Piazza Mario Bertone, 2, Pietraporzio CN Telefono: 0171 96679
Polar Cafe. Ristorante e Pizzeria Strada Nazionale, 16, Argentera CN Telefono: 0171 96917 Albergo Pace: Via Umberto I, 32, 12010 Sambuco CN Telefono: 0171 96550

di Elio Bonfanti

SCHEDA: Cognà, Bagna Caoda e Buij, Vallone di Collalunga

SCHEDA: Doppio Salto, Vallone di Pontebernardo

SCHEDA: La Püpa alta, Vallone di Pontebernardo

L’appello per Scott Adamson e Kyle Dempster, in difficoltà sull’Ogre 2 in Pakistan

L’appello per la raccolta fondi in aiuto degli alpinisti statunitensi Scott Adamson e Kyle Dempster, attualmente dispersi sull’Ogre II, Pakistan.

Pubblichiamo il seguente appello di raccolti fondi per Scott Adamson e Kyle Dempster, due dei più forti alpinisti statunitensi, attualmente dati per dispersi dopo il loro tentativo di salire l’inviolata parete nord dell’ Ogre 2 in Pakistan. L’appello è stato pubblicato da amici e parenti dei due alpinisti.

“Domenica, 21 agosto Kyle Dempster e Scott Adamson hanno iniziato a salire la parete nord dell’Ogre 2, appena oltre il ghiacciaio Choktoi nel nord del Pakistan. Avevano programmato cinque giorni per la salita e la discesa. Lunedì sera il cuoco pachistano, Ghafoor Abdul, ha avvistato due luci a circa metà parete. Il tempo è rimasto buono fino a martedì pomeriggio (23/08/2016), quando è arrivata una tempesta. Da quel momento nevicate e condizioni nuvolose hanno persistito nella regione.

Kyle e Scott non sono più stati visti da lunedì, 22 agosto, un fatto che non sorprende data la complessità e le dimensioni del terreno ed i capricci del tempo. Domenica 28 agosto la famiglia e gli amici hanno iniziato ad attivarsi per i soccorsi, assistiti dalle autorità locali ed un altro gruppo di alpinisti che si trova sul Choktoi.

Si prega di aiutare questi ragazzi. La morte è incmbente, se non riusciamo ad aiutarli. Con l’avvio delle pratiche per i soccorsi abbiamo anche dovuto trasferire soldi per l’elisoccorso ed i portatori che salgono a piedi in cerca di Scott e Kyle. Con il tempo inaffidabile abbiamo bisogno soldi ogni giorno di più. Si prega di considerare l’urgenza di questa situazione. Vi siamo grati per il vostro aiuto.”

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Video arrampicata: Chris Sharma sul Catalan Witness the fitness 8C

Il video del climber statunitense Chris Sharma sul suo boulder Catalán Witness the fitness 8C nella falesia di Cova de Ocell in Spagna.

All’inizio di gennaio Chris Sharma aveva liberato Catalán Witness the fitness, un boulder situato in una piccola grotta a metà parete della falesia Cova de Ocell, alle porte di Barcelona. Con la sua partenza di almeno 8B/+ si mormorava che questo tetto orizzontale di 17 movimenti avesse una difficoltà complessiva attorno all’ 8C boulder, un grado confermato all’inizio di febbraio dal madrileno Alberto Rocasolano “Beto” che, nonostante una presa rotta, si è portato a casa la prima ripetizione. Ecco il video della prima salita di Sharma.

05/01/2016 – Chris Sharma libera difficile boulder a Cova de Ocell in Spagna
A Cova de Ocell vicino a Barcelona in Spagna Chris Sharma ha liberato un boulder descritto come “la versione catalana di Witness the Fitness.”

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Cerro Torre spigolo Sud-Est o Via del Compressore: prima ripetizione in libera. Intervista a Mikey Schaefer

L’intervista all’alpinista statunitense Mikey Schaefer che dal 4 al 6 febbraio 2016, insieme ad Andrew Rothner e Josh Wharton, ha effettuato la seconda salita in libera della Via del Compressore (Spigolo Sud-Est) del Cerro Torre (Patagonia), dopo la prima libera effettuata nel 2012 da David Lama insieme a Peter Ortner.

Dal 4 al 6 febbraio 2016 gli alpinisti statunitensi Mikey Schaefer, Josh Wharton ed Andrew Rothner hanno completato l’ambita seconda salita in libera dello spigolo Sud-Est, nota più comunemente come la Via del Compressore, sul Cerro Torre in Patagonia. Liberata come tutti sanno nel gennaio 2012 da David Lama in cordata con Peter Ortner, questa linea è stata interessata recentemente da una raffica di ripetizioni (tra cui quella di Matteo Della Bordella e Silvan Schüpbach). Ciononostante la seconda salita in libera della Via del Compressore era ancora da fare e, insieme, un grande obiettivo da centrare. Con anni di difficile alpinismo alle loro spalle, spesso in Patagonia, Schaefer e Wharton non si sono lasciati intimidire e prima di partire da El Chalten hanno caricato la cordata con un’arma segreta: Andrew Rothner, un climber che tende ad evitare le luci della ribalta, le cui grandissime capacità sui boulder si sarebbero rivelate estremamente efficaci anche lassù sul Cerro Torre… Per la cronaca, questa è stata la prima via lunga di Rothner in montagna, il passaggio chiave è stato il primo tiro salito da capocordata in Patagonia, e la prima volta che ha preso il comando per salire del ghiaccio è stato sul famoso fungo sommitale.

Mikey, tu e Josh sieti ben noti tra gli alpinisti. Andrew invece è molto meno conosciuto. Ce lo puoi presentare?
In realtà ho incontrato Andrew la prima volta soltanto la sera prima di recarmi nella valle del Cerro Torre e sto ancora cominciando a conoscerlo. Ovviamente è un climber di grande talento, in primo luogo però è un boulderista. Non è molto famoso, generalmente non fa parlare di sé e lui stesso preferisce sia così. È stato Josh a vedere il talento di Andrew, sapeva che con un po’ di “istruzione” sarebbe stato perfetto per la nostra missione, anche se non aveva mai scalato in montagna. Non c’è mai stato un momento in cui sia stato preoccupato dal fatto che Andrew fosse con noi. Sapevo che se Josh lo voleva nel nostro team, era una buona idea.

Una buona idea, realizzata in quanto tempo?
Siamo partiti dal campo Norvegese alle 04:30 circa del 4 febbraio. E abbiamo fatto ritorno al campo la mattina del 6 febbraio, alla stessa ora circa.

Come avete affrontato la salita?
Il nostro obiettivo principale era sicuramente una salita in libera di questa via. Sapevamo che se avessimo avuto buone condizioni e il tempo giusto, semplicemente arrivare in cima del Cerro Torre non sarebbe stata una sfida estrema. Abbiamo amici che avevano salito in precedenza lo Spigolo SE “by fair means”, e la via non ci era stata descritta come estremamente difficile. Abbiamo diviso la scalata seguendo quello che aveva più senso, considerando gli individuali punti di forza del nostro team. Il che significa che generalmente Josh ha salito un sacco da primo, visto che è uno dei più forti e più veloci alpinisti che conosco. Josh ha fatto da capocordata dalla terminale fino alla spalla mentre Andrew ed io seguivamo in conserva. Io ho preso il comando sopra la spalla e ho condotto la cordata fino alla base del 12° tiro.

Il 12° tiro, quello chiave, quello boulderso…
Sì. Dopo una breve pausa Andrew ha iniziato quello che era il suo primo tiro da capocordata in Patagonia. E’ stato tutto molto impressionante. Nel primo tentativo è caduto, dopo essere quasi riuscito nell’a-vista. Ha poi investito un po’ di tempo per capire il passaggio, poi si è fatto calare in sosta, si è brevemente riposato, dopo di che nel tentativo successivo si è sparato la sezione chiave con un po’ di difficoltà. Josh l’ha seguito abbastanza facilmente al suo primo tentativo. Io invece sono caduto al mio primo tentativo, ma capiti i movimenti l’ho poi fatto al tentativo successivo.

Lama ci aveva detto che il tiro chiave era veramente adatto al suo stile di arrampicata, molto boulderoso, appunto… Era Andrew la vostra arma segreta ;-)?
Si, Andrew è stata davvero la nostra arma segreta! Come Lama, riteniamo però che la sezione chiave si adatti perfettamente al nostro stile di scalata, a tutti noi piace l’arrampicata tecnica.

E poi?
Abbiamo bivaccato un paio di tiri più in alto, e la mattina successiva Josh è partito da capocordata, conducendoci attraverso le torri di ghiaccio e sulla parte superiore della headwall. Andrew invece ha salito il breve e facile fungo di ghiaccio, la sua prima volta da primo su un tiro di ghiaccio!

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Altre impressioni su quei famosi tiri in alto, sulla headwall?
I tiri sulla Headwall mi hanno veramente ricordato tutta l’arrampicata che ho fatto in passato sulla Middle Cathedral a Yosemite. Un po’ di run-out, con protezioni un po’ distanti, ma sempre lì quando ce n’era bisogno. In realtà abbiamo pensato che il tiro più serio della via fosse il secondo tiro della Headwall, con roccia molto marcia e piuttosto pericolosa, anche se l’arrampicata in sé non è necessariamente così difficile. Abbiamo avuto il vantaggio di avere un team sopra di noi, così abbiamo visto dei piccoli segni di magnesite che ci hanno aiutato a trovare la via giusta. Probabilmente, è per questo il motivo che abbiamo avuto la sensazione che i tiri non fossero così duri come ci erano stati descritti. Sicuramente però è un posto incredibile per fare un’arrampicata così pazzesca!

Cos’è stato importante durante la salita?
La cosa più importante per noi è stata cercare di non arrampicare in grande velocità, ma invece salire ad un ritmo meno elevato ma più efficiente, in modo da essere “freschi” per la parte in libera.

Siete riusciti nella seconda salita in libera. Immaginiamo che fosse questo l’obiettivo principale del vostro viaggio in Patagonia di questa stagione, giusto? E quanto conoscevate la via prima?
Quest’anno avevamo adocchiato alcuni obiettivi e abbiamo optato per lo Spigolo SE anche perché ci siamo presentati a El Chalten appena un giorno prima del bel tempo, e questo ci sembrava l’obiettivo più realistico. Io non ero mai stato sullo Spigolo SE prima, ma Josh aveva già fatto due tentativi in precedenza. Durante uno dei tentativi aveva salito parte della headwall prima di tornare indietro, così conosceva sicuramente un po’ della via prima del nostro tentativo. Abbiamo anche raccolto informazioni da Rolando Garibotti e dal nostro amico Matteo Della Bordella che aveva appena ripetuto la via un paio di settimane prima. Josh ed Andrew avevano anche trascorso del tempo a guardare il film sulla salita in libera di David Lama.

Parlando di David Lama: ora che avete ripetuto la via, cosa ci potete dire della sua prima salita in libera del 2012?
La prima libera di David è stata molto impressionante! Ci vuole qualcuno con una prospettiva unica e la giusta fiducia in se stesso per guardare al di là di ciò che gli altri pensano sia possibile, e questo è ciò che ha fatto David. Molta gente pensava che lo Spigolo SE in libera sarebbe stato impossibile o estremamente difficile, ma David è andato lassù a prescindere da tutto e da tutti e ha dimostrato che molti si erano sbagliati. Noi dobbiamo molto della nostra salita in libera a lui e al suo atteggiamento verso ciò che è possibile.
Josh e Andrew si sono recati lì con la propria idea di ciò che è possibile. Josh è molto bravo ad avere una visione oggettiva di ciò che riesce a fare e non si fa influenzare dalle salite degli altri. Dopo aver studiato le foto, guardato il video di David e con le conoscenze di prima mano che aveva, sapeva di poter salire in libera il tiro chiave di 8a. In un primo momento io mi sono purtroppo lasciato influenzare dalla reputazione di quel tiro e dai media, e per questo motivo quasi non volevo nemmeno provarlo. Ho sempre pensato che sarebbe stato troppo difficile per me, visto il grado. Per fortuna Andrew e Josh hanno entrambi fatto sembrare il tiro molto scalabile, così l’ho provato anch’io e ci sono riuscito al secondo tentativo.

Ci sono stati dei momenti particolarmente speciali durante la salita?
È stato bello essere lì con un paio di altri team, in particolare con gli argentini Gabriel Fava e Martín López Abad. È stata una salita importante per questi ragazzi, ma anche per tutto il movimento arrampicata argentino. Erano eccitati come non avevo mai visto, e per tutti noi questo è stato molto motivante.

Adesso in Patagonia è cambiato il meteo, ma fino a pochi giorni fa c’è stato un numero sorprendente di salite di grande rilievo… ce n’è una in particolare che ti viene in mente?
È vero, ci sono state molte salite incredibili quest’anno. Non ce n’è una in particolare che mi viene in mente, ma la quantità di salite che Colin Haley ha realizzato quest’anno è incredibile. La motivazione che continua a dimostrare colpisce molto, e l’enorme quantità di salite difficili è davvero incredibile.

Mikey, sei stato in Patagonia svariate volte, hai effettuato numerose prime salite e ripetizioni. Quanto è forte il richiamo di questa terra?
La Patagonia per me è sempre stata una calamita e probabilmente continuerà ad esserlo per molto tempo ancora, anche se non sono sicuro che ci trascorrerò così tanto tempo in futuro. Le mie priorità nella mia arrampicata, e nella mia vita, si stanno lentamente spostando altrove.

07/02/2012 – David Lama – intervista dopo la Via del Compressore sul Cerro Torre
Intervista all’alpinista austriaco David Lama dopo la prima libera della Via del Compressore sul Cerro Torre, effettuato tra il 20 e il 21 gennaio assieme a Peter Ortner.

Monte Bianco Via Major: discesa in sci di Luca Rolli e Francesco Civra Dano

Il 6 maggio 2016 le guide alpine di Courmayeur Luca Rolli e Francesco Civra Dano hanno sciato la via Major sulla parete est del Monte Bianco. Questa è soltanto la seconda discesa di questa linea in 37 anni, dopo la prima effettuata il 7 settembre 1979 da Stefano de Benedetti.

È per certi versi la sciata perfetta. Dalla cima del Monte Bianco giù per l’immensa parete est (ovvero il mitico versante della Brenva), sempre più giù, fino alla Val Veny. 3300 straordinari metri di dislivello lungo la via della seconda Sentinella al Col Major, conosciuta più semplicemente come la Via Major, salita per la prima volta nel 1928 dagli inglesi Thomas Graham Brown e Francis Sidney Smythe. Una linea “di una bellezza unica”, sciata per la prima volta da Stefano de Benedetti (accompagnato da Gianni Comino che è sceso a piedi) nel lontano settembre 1979, poi mai più. Per tanti motivi. Come per esempio le condizioni della neve, che quest’anno sono del tutto eccezionali. E, soprattutto, per via dei seracchi che incombono continuamente durante la salita e la discesa. Tanto da relegare questa salita nel cuore della Brenva come un pericoloso e proibitivo sogno, da realizzare solo nel momento magico. Il 6 maggio questo attimo fugace è arrivato per Luca Rolli e Francesco Civra Dano, due fortissime guide alpine di Courmayeur che, partendo a mezzanotte dal bivacco Borgna Alberico alla Fourche, hanno percorso la via in 9 ore. Per poi – praticamente senza interruzioni – effettuare quella che Rolli descrive come “la discesa della vita”. La loro sciata perfetta.


CHASING DRAGONS SULLA VIA MAJOR AL MONTE BIANCO
di Luca Rolli

“Non c’è modo di sfuggire il fare del nostro mondo, perciò il compito di un guerriero è quello di trasformare il proprio mondo nel proprio terreno di caccia.”
Viaggio a Ixtlan, Carlos Castaneda

Non è mai facile partire per un’avventura come può essere sciare la Major: quando chiudo dietro di me la porta di casa ho l’impressione di andare a caccia di draghi, con tutto quello che comporta.

Il giorno che saliamo alla Fourche sono infastidito da un vento teso (in attenuazione) che ci continua a schiaffeggiare. Con il passare delle ore la pressione mentale all’interno del bivacco sale: abbiamo di fronte un mostro di parete alta 1300m, solcata da profondi canali e protetta da giganteschi seracchi: sono a caccia di draghi, questa è la verità. Il momento in cui a mezzanotte mi sporgo con la corda dal bivacco è quello in cui finalmente trovo pace interiore: il cuore comincia a pompare per attività fisica e non più per la tensione. La salita avviene nel buio più totale e l’assenza di luce amplificava le percezioni sensoriali nel terreno di caccia prescelto. 6 ore dopo, sotto i seracchi di uscita, arriva la luce calda e confortante che porta con sé pace, tanta pace. Infine arriva la cima del Monte Bianco. Ad un tratto un senso di rilassamento mi investe e i mostri (o draghi) che stavo cacciando, sono sconfitti. Non ho ancora vinto, ma capisco che ce la possiamo fare, che questa è la nostra giornata, che niente ci potrà distrarre dalla realizzazione di un sogno per cui abbiamo aspettato anni, per cui mi sono preparato per una vita.

La discesa in sé scorre via veloce e perfetta, semplicemente perfetta. A valle un abbraccio con Francesco: non avrei potuto avere compagno migliore. Ora visualizzo mentalmente che questa discesa mi ha reso più forte e conscio che la direzione intrapresa nel 2010 con il nostro primo viaggio sulla Nord della Blanche è la precisa concretizzazione delle parole di Andreas Fransson: “life goes on and how we want it to go on is a choice, and even if we want to escape, there is no-where to escape: so we might as well make right now awesome.”

Dal bivacco della Fourche ci sono servite 9 ore per risalire – sci in spalla- tutta la via ed arrivare in cima al Monte Bianco. Dalla cima in 3 ore scarse eravamo in Val Veny. Abbiamo sciato per l’intero dislivello dalla cima del Bianco al fondovalle con 15 metri di conserva facile e 2 piccole doppie. E’ anche questa l’eccezionalità della discesa: calzare gli sci in vetta e arrivare sciando 3300m più in basso.

Le pendenze sul vero e proprio sperone della Major sono sostenute e l’esposizione è totale. Un buon innevamento ci ha però permesso di non avere mai dubbi ed essere confidenti dei nostri attrezzi.

Prima salita: T. Graham Brown e Francis Sidney Smythe, 6-7 agosto 1928
Prima discesa in sci: Stefano de Benedetti, 7 settembre 1979 accompagnato da Gianni Comino
Seconda discesa in sci: Francesco Civra Dano e Luca Rolli, 6 maggio 2016
Difficoltà: TD-, con passaggi di IV+

Luca Rolli ringrazia gli sponsor: Scott Sport; Blue Ice
Info: www.lucarolli.com

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Andrea Andreotti, uomo e alpinista che volava alto

Il racconto dell’apertura della via Luce del Primo Mattino (1991, Piccolo Dain, Valle del Sarca, Trentino) in ricordo di Andrea Andreotti. Di Marco Furlani.

Quella notte avevo bivaccato benissimo, la sera prima mi ero scavato una piazzola niente male sulla testa del pilastrino, dove avevamo deciso di bivaccare, e mentre contemplavo la valle che era ancora nel buio e incerta avanzava la luce dell’alba. Osservavo estasiato in alto, oltre i grandi strapiombi e il formidabile tetto: al canto insistente del cuculo il sole incominciò a illuminare la roccia tingendola di colori incredibili, uno spettacolo mozzafiato.

– Andrea, Andrea… ho trovato il nome della via… che ne dici di Luce del Primo Mattino?

Al contrario di me, Andrea Andreotti, il mio compagno, usciva dal torpore di una notte passata male, dopo la prima dura giornata trascorsa in parete; era stanco e la sera precedente aveva preferito bivaccare in amaca. Non aveva dormito nulla, però a sentire il nome si destò e disse: – Bello, molto bello… la nostra via si chiamerà Luce del Primo Mattino!

Intanto la giornata radiosa di sole inondava tutta la sottostante valle e fu una ridda di sfumature e colori fantastici come solo la valle del Sarca può garantire a chi la guarda dall’alto.

Andrea era un bell’uomo, alto, colto e con un volto particolare sempre abbronzato e incorniciato da una barba ben curata che lasciava spiccare la luminosità degli occhi: grande alpinista, uomo che volava alto, al di sopra di tutto, soprattutto delle sterili polemiche e chiacchiere che circondano la più insulsa delle attività umane cioè l’alpinismo. Persona acuta, sapeva sdrammatizzare anche nella più critica delle situazioni, ma soprattutto era uno che sapeva quello che faceva e faceva quello che diceva. Con modo gentile di fare, non si alterava mai e le uniche cose che gli interessavano erano famiglia, lavoro e aprire belle vie: intendeva l’alpinismo come una forma d’arte suprema, quasi esoterica.

Nel trionfo della luce dunque ci destammo e facemmo una magra colazione, poi preparammo il saccone e ripartimmo. Il programma di quel giorno era superare la zona delle pance rosse. Io superai il diedro bianco, poi le placche color ruggine sotto le aggettanti pance rosse e lì riprese lui il comando. Io mi sistemai sul seggiolino di legno e assicurai attento il compagno che saliva lentamente lo strapiombo in un vuoto assoluto.

Nelle lunghe ore di attesa ero rapito dalla visione sul sottostante lago di Toblino con le sue acque appena increspate dalla leggera brezza dell’òra: era la fine di maggio 1990, il verde intenso creava un delicato contrasto con la fioritura bianco rosa dei meli che era al massimo splendore.

Mentre Andrea avanzava con pazienza, tenacia e meticolosità piantando quei piccoli chiodini a espansione che a salirci sopra ti vengono i brividi, mi chiedevo quale fosse il segreto di questo magnifico atleta. Stava appeso per ore e ore a martellare senza battere ciglio, aveva una resistenza che trascendeva l’umanamente possibile, non esisteva né caldo né freddo e aveva per la montagna una passione esaltante.

Ad un certo punto un rumore di ferraglia secco e un violento strappo alle corde mi risvegliò dalla contemplazione, uno di quei famigerati chiodini era uscito e Andrea era volato, con tutti i suoi 90 kg, per qualche metro nel vuoto… Tutto bene, riparte con la calma che lo distingue, supera il tiro, attrezza la sosta su di un appoggio, dove stavano appena i piedi, in un vuoto da mal di stomaco. Dopo sette ore posso ripartire.

Fra equilibrismi e contorsioni ci scambiamo e riprendo il comando, superando la grigio-rossa placca superiore con una roccia a gocce incredibilmente bella, fantastica, e con un’arrampicata libera stupenda raggiungo la cengia sotto il grande tetto. Lasciando riposare Andrea mi do da fare a spianare per il bivacco, poi pianto qualche chiodo nel tetto, ma presto diventa buio e ci prepariamo alla seconda notte in parete.

Non ci manca niente, il saccone da traino era pesante da recuperare ma adesso abbiamo tutto quello che ci serve per una bella cena, pane, speck, persino torrone e acqua in abbondanza. Il tempo è sempre bellissimo, parliamo, facciamo progetti, siamo contenti per la via che è veramente bella, e poi di donne e della fatica che queste fanno a sopportare noi scalatori che siamo così presi dalla nostra passione che, a volte, egoisticamente ci dimentichiamo di loro… Poi arriva il sonno ristoratore.

Un’altra alba, la terza sempre bella, sempre mozzafiato e le riflessioni sulla fortuna di abitare nel nostro ridente Trentino con tutte le sue bellezze. Andrea vuole finire di chiodare il tetto: – Così lo chiamerò Tetto delle Aquile – dice.
Io lo guardo e rispondo: – Ma che aquile… non vedi che sembri un passerotto impaurito?
Lui mi guarda e risponde: – Hai ragione, lo chiameremo Tetto dei Passerotti… va bene?
Annuisco ma il mio sguardo è preso dall’enorme soffitto.

Il tetto è veramente un tetto e richiede parecchie ore per chiodarlo. Finalmente verso mezzogiorno riesce a superarlo, io rapidamente sui chiodi lo seguo e riparto con due tiri di arrampicata sempre difficile ma su roccia ottima… e raggiungiamo il bosco sommitale

Conoscevo già Andrea per la sua eccezionale attività, ma non avevamo mai scalato assieme prima che lui mi invitasse ad aprire questa via. Ci siamo veramente trovati bene anzi benissimo insieme, siamo due elementi che si compensano bene: le forze dell’uno equilibrano le lacune dell’altro, come deve essere in una cordata vera.

Quella sera dalla cima del Dain Picol scesi con due certezze: una, che prima o poi sarei venuto ad abitare nella valle del Sarca, l’altra, che avevo trovato il compagno giusto per scalare i grandi tetti del monte Brento. Ma questa è un’altra storia…

Un maledetto male ce lo ha portato via lasciandoci attoniti increduli, proprio LUI così buono, generoso e solare. Come sempre rimaniamo senza parole, non riusciamo a mandarla giù.

Ciao Andrea… ci rivediamo!

di Marco Furlani

ATTIVITA’ di Andrea Andreotti

INVERNALI importanti fra le tante:
– 1972, Crozzon di Brenta, pilastro dei Francesi (in stile alpino)
– Dolomiti di Brenta, Cima Ghez, via Armani Gasperini
– Dolomiti di Brenta, Cima Roma, via Pilati

VIE NUOVE:
Piccolo Dain:
– Via Ursella (Angelo Ursella, A. Andreotti, Marcello Rossi, Tarcisio Pedrotti)
– Parete Limaro diedro di sinistra della via Maestri (con F. Gadotti)
– Luce del primo mattino (con M. Furlani)
– Vecioti e zovenoti (con M. Furlani, I. Rabanser, F. Bertoni)
Monte Brento:
– via Vertigine (con M. Furlani, D. Filippi)
– Via Graziella (con M. Rossi)
Sassolungo:
– Pilastro Vitty (con Hainz Steinkotter e M. Rossi)
– Torre Innerkofler, via della Falce (con I. Rabanser)
Altre:
– Diverse vie nuove sulla parete del Sorasass che è la parete rossache sovrasta Trento
– Diverse vie nuove sulle pale di Mezzocorona vie lunghe ed impegnative

Japanese government to give budget priority to municipal anti-disaster projects

The government plans to introduce a system in fiscal 2020 to provide subsidies on a priority basis for projects included in municipal anti-disaster plans adopted under a basic law on developing resilient infrastructure, sources have said.

The system is aimed at encouraging municipal governments to draw up such plans promptly in light of a spate of major natural disasters in recent years, sources said Friday.

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According to the Cabinet Office, all of the nation’s 47 prefectural governments had compiled anti-disaster plans under the law as of March this year, but only 229, or about 10 percent, of all municipalities had done so as of the beginning of this month.

The law allows but does not require local governments to have their own plans for comprehensive measures to prevent or mitigate disasters.

The government plans to hold briefing sessions for local governments about the new system.

In its fiscal 2019 budget, the government already gives consideration to subsidies for municipal anti-disaster projects to a certain extent. It will boost this stance in the fiscal 2020 budget.

For fiscal 2021, the government will consider limiting eligibility for the subsidies to projects listed in local anti-disaster plans, according to the sources.

Meanwhile, government agencies are expected to disclose their respective subsidy allocation policies for the fiscal 2020 budget.

Japan, China and South Korea to hold meeting of foreign ministers near Beijing on Wednesday

The foreign ministers of Japan, China and South Korea will meet next week on the outskirts of Beijing to discuss North Korea and other regional issues, officials said Friday.

Foreign Minister Taro Kono will leave for Beijing on Tuesday to join his Chinese and South Korean counterparts, Wang Yi and Kang Kyung-wha, in their first three-way meeting since August 2016, according to Japan’s Foreign Ministry.

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Arrangements are being made for Kono to meet separately with Kang and Wang during the three-day visit, the ministry said, adding that the trilateral meeting is scheduled for Wednesday.

Japan’s relations with South Korea have sunk to their lowest level in years due to disputes over wartime history and trade policy. Kono and Kang met earlier this month on the sidelines of meetings related to the Association of Southeast Asian Nations in Bangkok but failed to resolve the bilateral spat.

Marking the 74th anniversary of the end of Japan’s colonial rule of the Korean Peninsula on Aug. 15, South Korean President Moon Jae-in called for dialogue with Japan, saying Seoul will “join hands” if Tokyo chooses the path of holding talks.

Prime Minister Shinzo Abe and Moon have not sat down for talks since bilateral ties worsened sharply following South Korean court rulings that ordered Japanese firms to pay compensation for wartime forced labor during the colonial period from 1910 to 1945.

The trilateral meeting comes after diplomatic sources said earlier that the foreign ministers would coordinate the schedule for their leaders’ summit chaired by Chinese Premier Li Keqiang in December.