Arrampicata sportiva, tre ori per l’Italia in Coppa Europa Giovanile

Si è svolta a Imst, Austria, la prima tappa della Coppa Europa Giovanile Speed. Alessandro Santoni, Ludovico Fossali e Giulia Fossali hanno vinto le loro rispettive categorie. La giovane nazionale ha colto l’occasione anche per ricordare Tito Traversa, il giovanissimo climber venuto a mancare un anno fa.

Italia grande protagonista della prima prova di Coppa Europa Giovanile Speed: a Imst, in Austria, gli Azzurri sono risultati primi nel medagliere, grazie a tre ori conquistati da Alessandro Santoni (categoria Juniors – Under 20), Ludovico Fossali (Youth A – Under 18) e Giulia Fossali (Youth B – Under 16), ai quali vanno aggiunti i bronzi messi al collo da Tommaso Pasqua fra gli Juniors e Paolo Martignene nella categoria Youth B. Un bottino ragguardevole che conferma tutto il potenziale di questo gruppo (il più numeroso ieri) in forte crescita: 16 partecipanti, 10 finalisti e 5 medaglie.

Dei cinque Azzurri medagliati, quattro erano tutti saliti sul podio degli Europei tre settimane fa a Edimburgo, quando Santoni e Martignene furono secondi nelle rispettive categorie, Ludovico Fossali terzo così come la sorella Giulia. Stavolta il bottino è stato ancor più prezioso: il trentino di Dro Alessandro Santoni in finale ha avuto la meglio del forte francese Nambot, autore di due false partenze, mentre il modenese Ludovico Fossali, che ha sempre ben controllato le gare senza commettere alcun errore, ha battuto in finale l’austriaco Erber. Giulia Fossali invece ha superato la concorrenza delle atlete russe puntando sulla regolarità delle salite. Per quanto riguarda i due bronzi, il torinese Pasqua, alla sua prima partecipazione in Coppa Europa, ha battuto nella finale 3°-4° posto il polacco Denis, mentre l’aostano Martignene ha preceduto il francese Rebreyend realizzando peraltro, nell’occasione, il miglior tempo assoluto della sua categoria, 8”54. Nel complesso, anche chi non è riuscito a centrare la finale ha comunque fatto notare ottimi miglioramenti sul piano personale.

Risultati che arrivano proprio nel giorno (ieri) in cui ricorreva l’anniversario della tragica scomparsa di Tito Claudio Traversa, giovane climber venuto a mancare un anno fa a soli 12 anni: una ricorrenza che gli Azzurri volevano onorare al meglio e proprio per questo hanno dedicato le medaglie conquistate alla sua memoria.

Il prossimo appuntamento, per la Nazionale Giovanile, è quello di mercoledì (9 luglio) a Chamonix, in Francia, dove andrà in scena la seconda prova di questa Coppa Europa Giovanile Speed.

I risultati degli Azzurri
Classifiche maschili:

Youth B (U16): 3 Paolo Martignene, 5 Giacomo Ingrami, 6 Gianluca Zodda, 7 Gabriele Randi
Youth A (U18): 1 Ludovico Fossali, 8 Alessio Voghera, 9 Luca Camanni
Juniors (U20): 1 Alessandro Santoni, 3 Tommaso Pasqua

Classifiche femminili:
Youth B (U16): 1 Giulia Fossali, 5 Silvia Porta
Youth A (U18): 9 Giorgia Randi, 10 Martina Giorello, 11 Erika Mattioli, 14 Ginevra Casellato
Juniors (U20): 6 Teresa Gallucci

PARACLIMB
Oltre alla Coppa Europa Giovanile Speed, a Imst è andato di scene anche il Paraclimb, nel quale l’Italia s’è fatta onore conquistando tre medaglie: oro per Maria Ligorio e Alessio Cornamusini, mentre Alessia Refolo ha fatto sua una preziosa medaglia d’argento.

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Pitturina Ski Race live – Coppa del Mondo di Scialpinismo 2014

Diretta streaming dal Val Comelico (Dolomiti) del Pitturina Ski Race, la terza tappa della Scarpa ISMF Ski Mountaineering World Cup 2014, la Coppa del Mondo di scialpinismo.

Dopo il rinvio causato dalle avverse condizioni meteo, oggi in Val Comelico (Dolomiti) è finalmente in programma la terza tappa della Scarpa ISMF Ski Mountaineering World Cup 2014. Attualmente è in corso la prova Sprint sulle nevi di Sappada e dopo le qualificazioni, alle ore 11 ci saranno le finali. L’Individual Race partirà invece alle ore 9 di sabato.
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Grande attenzione ovviamente alla imbattibile francese Laetitia Roux (vincitrice di entrambe le prove Vertical Race e Individual Race nella tappa precedente di Courchevel) ma anche agli azzurri Damiano Lenzi e Robert Antonioli, vincitori in Francia la settimana scorsa rispettivamente della Vertical Race e Individual Race.

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Duemilaquattordici. Il nuovo e l’arrampicata

Una riflessione di Andrea Tosi sul senso del nuovo in arrampicata che propone anche una visione su ciò che è stato e su ciò che potrebbe essere in futuro.

A leggere le testate web che parlano di montagna, la parola più ricorrente è “nuovo” o ben che vada la sua versione femminile: “nuova”. Cinicamente parlando trovo il tutto un vecchio retaggio culturale che in tempi non lontani portava a stendere lenzuola dopo la prima notte di nozze… Essere i primi…

Parlando di arrampicata il 2013 è finito male, il tema “sicurezza” è tornato fortemente alla ribalta con tutta la drammaticità del caso. I velati tentativi di proporre in modo “soft” il “come-si-assicura-il-compagno-di-cordata” non sembra dare i risultati sperati. E mentre la dea bendata, che ci vuole bene, si aiuta anche con le mani per non vedere come si utilizzano i freni, noi continuiamo a imitarla, con la sola differenza che per non vedere mettiamo la testa sotto terra come farebbe uno struzzo. In questa spirale evolutiva che sta vivendo l’arrampicata, stiamo forse perdendo di vista il punto di origine e quindi il cardine del nostro sport, ovvero la ripetibilità dei gesti, la possibilità di migliorare provando e riprovando.

A mio modo di vedere due sono le strade da percorrere per arrivare a questo risultato. La prima è tornare al dolore potenziale che può vivere una cordata intesa come scalatore e assicuratore. Occorre tener ben presente i rischi fisici di chi viene assicurato male e i rischi psichici di chi assicura male. Non voglio puntare il dito sulla capacità di far “sicura”. No. Potrebbe accadere a chiunque di sbagliare. Si tratta di ridurre al minimo la percentuale di errore, attraverso procedure ben oliate nell’assicurare correttamente, (esistono a riguardo precise indicazioni delle case costruttrici di freni, quasi sempre ignorate) e aver presente che in certi contesti particolarmente “sportivi” è meglio controllare la voglia di star attenti per 5 minuti piuttosto che lo stato di “ghisa” dell’avambraccio. Sarebbe lunga la discussione e forse lo sarà, torneremo sul tema con più materiale (anche video) ma le statistiche degli incidenti indoor parlano chiaro.

La seconda strada è mettere in sicurezza tutto l’esistente, questa mania di mettere al mondo “nuove vie”, “nuove aree”, sta rendendo orfani tanti siti d’ arrampicata. E’ un continuo sfornare figli, ma poi… chi li cresce? Fosse altrove (leggi Africa) forse se ne occuperebbe la comunità, ma qui, da noi, questo concetto non c’è, e si vede. Le vie hanno un aspettativa di vita più lunga dei loro chiodatori e se non si provvede ad alimentare di attenzioni una falesia… beh la natura torna a riprendersi gli appigli prima e gli ancoraggi poi. E’ solo questione di tempo.

Un segnale positivo, è comunque arrivato. Non ha fatto notizia perché  non poteva essere “bollato” con la parola magica “nuovo”, e invece doveva essere” La Notizia” più dell’apertura di nuovi itinerari… Parlo di richiodatura, di sostituzione di un tassello particolarmente marcio, e di tanti altri che avevano intrapreso la stessa strada verso l’inaffidabilità. La via in oggetto è la classica di Castel Presina :”Baby Doc”, gli autori del gesto sono Andrea Simonini e Giacomo Duzzi che, oltre a sfornare nuove vie, hanno il buon senso di porre rimedio a quello che magari in tanti hanno visto, ma che nessuno si è preso la briga di sistemare.

Credo sia giunta l’ ora di smettere di osannare il nuovo, un gesto come questo, come la richiodatura di vecchi siti o vecchie vie, è un avanzamento verso uno sport più maturo. Salvaguardare il vecchio, rende più valore al nuovo, toglie quel vago sapore consumistico che tante volte marchia l’ apertura di nuove vie, che di nuovo non hanno niente e di cui, spesso, non se ne sente il bisogno. Il “nuovo” per essere tale, deve portare veramente dentro una novità, altrimenti diventa possedere/marchiare la roccia, che prima o poi è destinata a finire. I tempi sono maturi per valutare quanto valga la pena pigiare sulla acceleratore delle nuove aperture.

Inizialmente si chiodava per estetica o per aggiungere un qualcosa alla difficoltà, oggi aggiungere al 9b+ è affare arduo e decisamente elitario, val la pena pensare quindi a cosa si sta realmente aggiungendo mentre si farcisce di tiri una falesia come fosse un bignè o aprendo nuove aree che niente aggiungono ai numerosi tiri esistenti. Ben che vada, la sola cosa evidente è l’incuria a cui andranno incontro i siti meno recenti.

La frequentazione delle grandi classiche espone a rischi potenziali tanti scalatori che arrivando da lontano e non hanno modo di conoscere lo stato della via. Arrivano magari consultando i siti in gran voga, dove vien facile reperire informazioni sulla “performabilità” di questo o quel tiro, e quando arrivano spesso non hanno la cultura per valutare lo stato di manutenzione degli ancoraggi… tant’è le vie diventano classiche per motivi a volte oscuri, un tassello si ossida per motivi molto evidenti.

Iniziano ad essere tanti gli ancoraggi che “saltano” sollecitati in fase di schiodatura, e qualche effetto sulla psiche… lo fa. Per non commettere l’errore fatto nel campo utilizzo freni, voglio espressamente fare terrorismo, per vedere se sparando in aria qualcuno prende paura e inizia a pensare che forse… può capitare anche a lui, che vale la pena diventare coscienti, che non ti salva lo scalare solo nei week end.

Oggi ho sicuramente torto, ma il tempo è dalla mia parte, si tratta solo di anticipare gli effetti nefasti che la distrazione potrebbe avere sui nostri corpi o sulla nostra mente. Detto questo, buon 2014, ma per favore, non parliamo di “nuovo” anno, teniamo a mente da dove arriviamo e cerchiamo di fare in modo che il “passato” non torni a farci del male, fisico o psichico.

Andrea Tosi

http://kingboulderblog.blogspot.it
www.kingrock.it

Semina del tassello from Mountain View on Vimeo.

The developer of Eve Online is making a new action MMO

CCP, the developer of Eve Online, is making a new action MMO.

The company’s London-based team is behind the unannounced action MMO (the main developer of Eve Online is based in Reykjavik in Iceland).

CCP mentioned the game as part of an announcement it is using Unreal Engine 4 for all of its currently unannounced projects. But that’s all we know for now – we don’t know which platforms this action MMO is for or when it’s due out.

It’s a busy time for CCP. Not only does it have ongoing development of Eve Online to contend with, it’s building an Eve Online-inspired multiplayer shooter called Project Nova, a mobile game called Eve: War of Ascension and now this unannounced action MMO.

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Tor des Géants, un viaggio tra competizione, festa e montagne. Di Linda Cottino

Dopo la vittoria del valdostano Franco Collé seguito da Nichademus Hollon (Usa), Antoine Guillon e Christophe Le-Saux (Fra), questa notte ha tagliato il traguardo dopo 85h53′ (nuovo record femminile della corsa) anche la prima donna, la francese Emilie Lecomte, seguita dalla padovana Lisa Barzani in 94h43′. Il traguardo di Courmayeur si chiuderà sabato prossimo, intanto gli arrivi si susseguono. Ed è già tempo di qualche riflessione su questo gran tour della Valle d’Aosta. Il report e le impressioni di Linda Cottino

«Mi sentivo male, ho corso addirittura con 40 di febbre, ma la gente mi diceva: dai Franco, forza, continua… E allora, potevo fermarmi? Dovevo andare avanti, per tutti loro!» Loro, sarebbero i suoi valdostani, e il senso del Tor può star racchiuso in questa frase, pronunciata da un Collé stranito, esausto, emozionato, sotto l’arco di arrivo del Tor des Géants 2014, dopo 332,3 km e 24 mila metri di dislivello percorsi senza praticamente mai dormire in 71 ore e 49 minuti. Ben oltre la performance del vincitore e degli atleti da podio o della top ten, è l’intera regione che scommette su questa gara dei giganti, facendone una delle bandiere del proprio territorio.

Sono infatti 2200 i volontari che per una settimana si mettono a disposizione di 770 atleti provenienti da 60 paesi di tutti i 5 continenti per i ristori, le basi vita, le registrazioni dei passaggi, sui passi di alta montagna, ai rifugi; gente della Valle, in tutti i suoi anfratti, che all’evento dà un tocco di festa, smorzando quella tensione atletica che invece sempre più permea le centinaia di verticalrace, skyrace, ultramarathon e trail organizzati in giro per il mondo.

Gli ultimi runner chiudono il cerchio il sabato, giorno conclusivo della gara, e per tutta la sua durata, in base ai cancelli orari, il territorio viene presidiato su una superficie di 150 km per volta. Un mondo alpino, altrimenti silenzioso e isolato, all’improvviso si ravviva di varia umanità. Questa doppia anima del Tor, un po’ competizione e un po’ festa, ad alcuni “puristi” fa storcere il naso; taluni lamentano la mancanza di veri atleti di punta: i Kilian Jornet della situazione, per intenderci, altri sentenziano sul regolamento che non viene fatto rispettare lasciando ampio margine di incertezza (e tenendo dunque lontani i top), ma soprattutto dando spazio alla “creatività” di chi si fa accompagnare lungo tratti di percorso, di chi dorme in camper o alberghi anziché nei luoghi deputati o, addirittura, di chi potrebbe essere tentato di accorciare il lungo tragitto.

La squalifica di Francesca Canepa, fatte le debite distinzioni e depurata dalle maldicenze, è significativa: lei sostiene di non aver trovato nessuno al posto di registrazione manuale e di aver tirato dritto, la direzione di gara ribatte che sono stati proprio i volontari addetti a quella registrazione a segnalare il mancato passaggio dell’atleta di Courmayeur. A fronte di questo problema alcuni pensano che sarebbe bene dotare i primi 50 corridori di gps. Insomma, a cinque anni dal debutto, la grande corsa valdostana deve precisare meglio il suo profilo e i suoi obiettivi.

«L’obiettivo iniziale era quello di promuovere la regione, e l’abbiamo senz’altro raggiunto» precisa Alessandra Nicoletti, direttrice di gara. «Su Google la Val d’Aosta compariva in sesta pagina, ora siamo in prima! Per quel che riguarda i problemi di regolamento, li abbiamo affrontati ogni anno con nuove soluzioni e pian piano li risolveremo».

La gara è comunque una grande festa per la stragrande maggioranza dei partecipanti, che per un’intera settimana si lanciano in un vero e proprio viaggio, del corpo certo, ma anche della mente; dove, nel confronto con la fatica, i dolori muscolari, il sonno, la notte sui sentieri, il caldo sui dislivelli più ripidi, il freddo dell’alta montagna, l’alimentazione, le vesciche… vengono assistiti, incoraggiati, accolti dalla gente della valle – proprio lei, il vero valore aggiunto di questo gigantesco evento sportivo, che in definitiva ha il pregio di mantenere per sé una libertà essenziale: far divertire chi partecipa.

Linda Cottino

info: www.tordesgeants.it

News Tor des Géants

Dejan Koren, tre nuove vie di ghiaccio e misto a Forcella Lavina

Sulla parete nord del Travnik in Valle Lavina (Laghi di Fusine, Tarvisio) lo sloveno Dejan Koren ha aperto tre nuove vie di ghiaccio e misto tra cui spicca la cascata di ghiaccio Mali Bogovi, dedicata a Urban Golob

Dejan Koren è stato attivo recentemente, non nel suo paese d’origine in Slovenia, ma appena oltre il confine italiano, nel Tarvisiano. Più precisamente a Forcella Lavina sopra i Laghi di Fusine dove, sulla parete nord del Travnik, ha aggiunto tre belle nuove linee che si affacciano su questa grandiosa valle.

L’idea gli era stata data anni fa da Luca Vuerich che purtroppo però non era riuscito a realizzarle. Così, il 24 gennaio scorso, Koren insieme a Tine Andreašič ha salito Spada di Damocle, la classica cascata di 250m IV/WI5 aperta nell’inverno del 1981 da Sergio Serra e Tullio Ferluga. Questa di per sé sarebbe già stata una grandiosa giornata, ma i due hanno continuato verso l’alto per effettuare la prima salita in libera della linea – tentata ed in parte spittata la settimana prima – del ramo che sale verso sinistra. Il risultato sono ulteriori 150m di arrampicata di misto gradati M8+, WI5+ e chiamati Čira čara. Con ancora un po’ di tempo a disposizione i due si sono calati su Spada di Damocle e poi hanno salito anche il ramo di destra, per aggiungere altri 170m di arrampicata di misto. Koren crede che questo prolungamento di M4+, WI4, 80° diventerà “in inverni come questo, una bellissima classica che sarà certamente molto ripetuto.”

Mentre gli sloveni affrontavano i due rami diagonali, erano comunque consapevoli che il ‘premio’ più grande era appeso direttamente sopra le loro teste, ovvero “un’enorme candela, posta quattrocento metri sopra il fondovalle, appesa al bordo del tetto, in attesa del suo principe…”

Mercoledì 4 marzo Koren è tornato ai Laghi di Fusine, questa volta insieme a Tine Vidmar e dopo aver salito un’altra volta Spada di Damocle, i due si sono lanciati dritti verso l’alto. Il risultato si chiama Mali Bogovi, che significa ‘Piccoli dei’, e viene gradato M10+, WI6, R, 170m. La via non ha spit e tutti i tiri sono stati saliti a-vista tranne il tiro chiave che è stato salito in libera al secondo tentativo.

Secondo Koren Mali Bogovi contiene tutto ciò che un alpinista potrebbe sognare: un vuoto impressionante, movimenti difficili, roccia bellissima e ghiaccio eccellente. Il 34enne sloveno ha dedicato quella che ritiene essere una delle sue più belle creazioni ad Urban Golob, il formidabile arrampicatore, alpinista, sciatore e giornalista sloveno recentemente scomparso per una malattia incurabile.


Travnik parete nord – Valle della Lavina

Čira čara, M8+, WI5+, 150m (+250m Spada di Damocle): Dejan Koren & Tine Andreašič (24/01/2015)
Damoklejev srp, M4+, WI4, do 80°, 170m, (+250m Spada di Damocle): Dejan Koren & Tine Andreašič (24/01/2015)
Mali Bogovi (Little Gods), M10+, WI6, R, 170m, (+250m Spada di Damocle): Dejan Koren & Tine Vidmar (04/03/2015)

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Arco Rock Legends 2014: i video della serata di premiazione

I video della nona edizione di Arco Rock Legends, andata in scena venerdì 29/08/2014. Per il La Sportiva Competition Award i protagonisti del filmato sono Urko Carmona Barandiaran (il vincitore), Sachi Amma e Dmitrii Sharafutdinov, mentre per il Salewa Rock Award protagonisti sono Muriel Sarkany (la vincitrice), Alexander Megos e Adam Ondra. Il terzo filmato è dedicato a Mauro Corona, a cui è stato consegnato il premio Climbing Ambassador by Aquafil.

I video della serata di premiazione della nona edizione di Arco Rock Legends
Concept Editing: Vinicio Stefanello (PlanetMountain.com – Mountain Network srl) / Francesco Mansutti (Studio Due). Produzione: ASD Arrampicata Sportiva Arco.

Climbing Ambassador by Aquafil

Salewa Rock Award

La Sportiva Competition Award

Motivazione Climbing Ambassador by Aquafil 2014 – Mauro Corona
"Per la passione e le visioni che ha saputo donare al mondo dell’arrampicata per portarla nel mondo più vasto dell’arte e della cultura."

MOTIVAZIONI DELLA GIURIA
Salewa Rock Award 2014 – Muriel Sarkany
"Per la felicità, la passione e i grandi risultati con cui ha affrontato la roccia come naturale prosecuzione della sua grande stagione da campionessa dell’arrampicata di gara."

La Sportiva Competition Award 2014 – Urko Carmona Barandiaran
"Per lo spirito, lo stile, la forza, il sorriso con cui affronta le gare e la vita, ispirando tutti ad essere migliori."

GIURIA INTERNAZIONALE 2014
Presidente: Giorgio Balducci (regista RAI)
Riviste internazionali: Montana (CZE), Desnivel (ESP), Klettern (GER), UP Climbing (ITA), Montagne 360° (ITA), Meridiani Montagne (ITA), Risk (RUS), Man and Mountain (KOR), Gory (POL), The Circuit (NZ)

ALBO D’ORO VINCITORI ARCO ROCK LEGENDS
Salewa Rock Award – Josune Bereziartu (2006), Patxi Usobiaga (2007), Adam Ondra (2008), Chris Sharma (2009), Adam Ondra (2010), Adam Ondra (2011), Sasha DiGiulian (2012), Adam Ondra (2013), Muriel Sarkany (2014)

La Sportiva Competition Award – Angela Eiter (2006), David Lama (2007), Maja Vidmar (2008), Kilian Fischhuber (2009), Akiyo Noguchi (2010), Ramon Julien Puigblanque (2011), Anna Stöhr (2012), Mina Markovic (2013), Urko Carmona Barandiaran (2014)

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La parete del Forcellino e la via Panzeri-Riva. Di Ivo Ferrari

Il viaggio di Ivo Ferrari sulle vie semi-dimenticate approda sulla gran via aperta, nel 1975, da Sergio Panzeri e Giancarlo Riva sulla parete del Forcellino sotto i Piani Resinelli (Lc).

“Devi aggiornarti!”: così mi è stato detto mentre spiegavo la situazione di certe linee storiche cadute nell’oblio. In effetti, non sono bravo ad inserirmi nel modo “nuovo”, non posseggo un tablet, la mia tv è molto lontana dall’essere a schermo piatto, uso i tasti del pc con il pollice e il mio cellulare non fa foto e cose strane… sono all’antica, un po’ come il colore della mia barba, ma mi diverto così, cercando nella mia passione di “ripercorrere” cose quasi perse.

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Sopra casa, visibile dal lago, c’è il Forcellino, la parete più ripida e spettacolare del lecchese. Calda d’estate e dai mille colori in primavera. Quando piove le sue colate nere, partendo dal bosco sommitale precipitano per quattrocento metri rendendo la parete simile al manto di una zebra. Nel centro, contornata da vie moderne sale la “grande” storica, la linea aperta nel 1975 dalla formidabile cordata Panzeri-Riva. Una di quelle linee che non possono mancare negli avambracci degli alpinisti lombardi, o meglio non potevano mancare, visto che ora, il tempo, le mode e gli spit tutt’intorno hanno reso la via vecchia, o, usando quel termine straniero che tanto rende gli oggetti più costosi nei mercatini dell’usato, Vintage!

Siamo andati a ripeterla, per vedere, capire, giudicare e provare a divertirsi. Le calate riattrezzate di recente con diverse lunghe doppie ci depositano alla base. Erba, piante, rovi, un luogo dimenticato e selvaggio con vista lago! La roccia “moderna” è molto bella, in certi punti mi ricorda il Verdon, ma questa linea è stata aperta usando la logica del poter salire e… la sua logica segue i punti più deboli, più chiodabili e non disdegna il friabile!

Ad ogni lunghezza sento un po’ di paura entrarmi dentro: se sono dietro, respiro, ma quando tocca a me, trattengo sempre il fiato e arrivo alle soste stabilendo nuovi record di apnea in superficie! Un bellissimo diedro è completamente intasato d’erba: i chiodi scomparsi tra terra e radici… ci sono tanti profumi, la lunghezza della Cipolla, quella all’Aglio, il tiro delle Margherite… un sacco di vegetazione di ogni tipo, e sotto di essa una roccia via via sempre più bella, ma quasi inscalabile!

Dicono che la salsedine corroda i chiodi, ma l’abbandono è ancor peggio: polverizza il chiodo rendendolo solo da “cimelio”. Usciamo stanchi, sporchi, con gli occhi pieni di “tutto” e… qualche zecca infilata nella pelle!

Che peccato, una linea logica, stupenda, ardita, unica nel suo genere su queste montagne, lì, abbandonata e difficilmente risanabile, forse ci vorrebbe un mio amico tanto “discusso”, uno di quelli che senza sentirsi offeso ha riportato Arco al suo splendore: Heinz, se vieni a trovarmi, scendiamo a pulirla!

Ivo Ferrari

Un Grazie alla Great Escapes e al Mountain Store di Olginate per il materiale.

A Boulder, una lettera da Alpinismo

Mariana Zantedeschi e la sua lettera a Boulder scritta dal fratello Alpinismo, che svela l’amore per l’arrampicata che infine unisce tutti.

Si scherza e si ride, ma tra alpinisti, arrampicatori e boulderisti a volte rimane un po’ di diffidenza… Mariana Zantedeschi, di cuore alpinista e arrampicatrice, è stata trascinata ad una seduta di boulder outdoor dove per lei "è stato interessantissimo scoprire quanto sia bellissimo e particolare il boulder" ma soprattutto ha potuto osservare "le stesse manie, patologie 🙂 e fantastiche potenzialità di chi si nutre di arrampicata!" Per questo ha pensato bene di scrivere questa lettera a "Boulder" firmata suo fratello… "Alpinismo".

Caro Boulder,

sono Alpinismo, e devo ammetterti che a volte ho avuto un po’ di retaggio eroico. Che stupido errore giudicare senza conoscere, senza provare e sperimentare…ma ieri ho capito tante cose!

Sono sceso dalle alte cime per inoltrarmi in un bosco di fondovalle… pfiu, niente di meno eroico! Eppure ho constatato che l’Essenza della Natura è la stessa in un panorama visto dall’alto e nei colori autunnali di una faggeta.

Ho avuto la possibilità di inoltrarmi nella tua deep soul perché un amico a cui piaci mi ha invitato a passare una giornata con dei tipici ragazzi boulderisti. E uno dopo l’altro mi sono caduti tanti sciocchi pregiudizi, finché nelle ultime ore prima del tramonto mi sono ritrovato ad entusiasmarmi davanti alle tue sfide più degli stessi praticanti! Il mondo si era girato, e quando è stato buio anch’io ero uno di voi, che sensazione rappacificante! Ah, se fossimo stati buoni amici fin da subito Boulder! Non avremmo forse evitato stupidi cliché e futili polemiche?

TIFO E URLA
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Mi sono chiesto tante volte perché l’etere tranquillo e silenzioso della Natura dovesse essere squarciato da incitamenti come "gooo ooon man!", "you’ve got it!", "c-mon!!", da urla come "aaaaargh", "uaaaa", "rrrrrgh". E perché mai in alcune sale indoor spesso danno musica martellante?
E solo provando ed osservandoti ho capito: l’incitamento in questa attività diventa quasi una regola etica. Lo sforzo fisico è talmente intenso, e talmente concentrato in un lasso di tempo breve, che un tifo sfegatato diventa ingrediente apprezzato per la buona soluzione dell’itinerario. E se ho concluso un’uscita, con un movimento per me molto inusuale, è stato proprio perché dal basso c’erano quattro persone che mi gridavano talmente tanti incitamenti che deluderli diventava un crimine!
E quelle urla scaturite dall’intestino più profondo del boulderista nel lancio verso una presa più alta? Bè spontanee sono uscite anche dalla mia delicata bocca di silenzioso inseguitore di ascetiche vette, e senza quegli sfoghi chissà se avrei agguantato quella salvifica tacchetta…
E la musica? Così poco eroica…e che mi sembrava così cacofonica? Ebbene siamo liberi di caricarci con quello che ci sembra più adeguato, e dunque… benvenuta musica unz unz!

FRATELLANZA
Ah la cordata…che formazione poetica: un legame che unisce due persone sulla lama di una cresta affilata, che impedisce al compagno di cadere in un crepaccio, o piombare a terra! Quanta retorica…
E che dire degli amici che mi hanno parato mentre mi applicavo per la prima volta a questa nuova disciplina? E il compagno che con un placcaggio da rugbista mi ha salvato la schiena da un masso affilato? Ma questo è lo stesso concetto di una cordata! Ma pensa un po’…e io che pensavo di essere unico. Ed a chi dirà che sei una disciplina da individualisti dirò che non lo sei più di me!

PERFEZIONE E PIGNOLERIA
Per me solo una cosa deve essere perfetta: la protezione, perché ne va della mia vita. Ma perfetta quella, per gran parte dei miei praticanti il movimento può essere anche un po’ sgraziato, l’importante è arrivare in sosta tutti interi. E su gradi medi se una presa non mi piace è probabile che la roccia me ne offra un’altra che mi soddisfa di più.
Ma in te boulder, per riuscire bene, tutto deve essere perfetto. Tutto. E se tutto lo sarà, agli occhi dello spettatore l’ascensione parrà una poesia. Ecco la perfezione più bella!
Tutto è racchiuso in una piccolissima area, e per muoversi in uno spazio così angusto ogni cosa deve tendere alla perfezione: il movimento è quello lì, solo quello: "piede lì e mano là, poi giri il bacino così, e prendi quella presa, eh no mi dispiace non quella lì, se no ti trovi sbilanciato! Questa, ecco giusto!". Le poche speranze obbligano alla perfezione di movimento o non si passa!
Eh ma i tuoi praticanti boulderisti sono maniaci! "Ma che vi importa se non avete tutta quella quantità di magnesite sulle mani, e che vi importa se non è quella liquida! Addirittura vi costruite un bastone e ci attaccate in cima uno spazzolino per pulire le tacchette più alte?! Ma tacete e salite su quel sasso!!". Eppure la strada per arrivare in cima è proprio questa: il particolare perfetto. I tuoi praticanti, Boulder, sono degli ottimi Samurai: perfetti perfezionisti fino alla vittoria.

PSICOLOGIA
Pensavo di avere più testa: gli alpinisti devono rimanere concentratissimi per svariate centinaia di metri. Ma dopo aver provato a salire su un sasso ho capito che voi siete come succhi di frutta concentrati! I boulderisti mettono in campo la stessa concentrazione dello scalatore, con la differenza che la concentrano in quattro/cinque metri ed in poco più di un minuto di tempo. Insomma la loro testa è una potente bomba ad orologeria, abbinata ad un fisico altrettanto esplosivo.
"I boulderisti son femminucce", mi dispiace Boulder se a volte ho parlato con questi termini (per di più così scioccamente sessisti). Sappi che io, piuttosto di affrontare in parete un passaggio che si avvicina ad una difficile mossa boulder, per la fifa mi calo in doppia e torno a casa, sebbene magari sia su una via sportiva ed abbia la sicurezza della corda!

ESTETICA
Un giorno un signore mi disse: "Veder arrampicare è come vedere un danza", ebbene ora risponderei: "E’ vero, ma non hai ancora visto il Boulder". Lì se non danzi con armonia, e non ti muovi con fluidità ed agilità non porti a casa il sasso…se l’arrampicata sta alla danza il Boulder sta alla danza classica russa, la più raffinata.

NUCLEO
Il problema, penso di aver capito caro Boulder, è che alcuni alpinisti di vecchio retaggio ti vedono ancora come un surrogato dell’arrampicata… ma tu ti sei emancipato ormai da decadi! Tu sei una disciplina a sé stante, e cammini con le tue gambe e le tue peculiarità.
Abbiamo avuto una partenza in comune, la stessa madre, Roccia, che poi ci ha cresciuti liberi di prendere le nostre strade! Io sono pieno di fronzoli: corde, protezioni, magheggi meccanici, imbraghi, caschetti, zaini. Tu invece sei essenziale, tu sei il nucleo primordiale dell’arrampicata: il movimento. Mi hai lasciato le cime e ti sei tenuto la perfezione!

Tuo fratello Alpinismo

Sivridağ e l’arrampicata trad in Anatolia, Turchia

Il report di Tunç Fındık di Monte Sivridağ nel massiccio Beydaglari, una delle più importanti aree di arrampicata trad in Turchia dove insieme a Rauf Osman Pınarbaşı ha recentemente aperto la via Punisher (450m, VI).

Sivridağ è una grande cima calcarea a soli 10 km da Antalya, nel sud della Turchia vicino al Mediterraneo, e ad appena 15 km in linea d’aria dalla ormai famosissima zona di arrampicata Geyikbayırı. La parete est del Monte Sivridağ è essenzialmente una zona senza spit che ospita almeno 30 vie trad che variano in altezza da 130m a 500m, raggiungendo difficoltà fino a VIII-.

Sivridağ è stata una delle prime aree di arrampicata trad nella regione di Antalya ed è stata inizialmente sviluppata dall’alpinista locale Yılmaz Sevgül. A partire dal 1996 Yılmaz, uno dei più indomabili climbers turchi, aveva lavorato senza sosta per esplorare ed aprire nuove vie in questa regione ed è a lui che dobbiamo molto per la sua guida d’arrampicata e per le sue belle vie.

La cima di Sivridağ è alta 1413m, e anche se non è la cima più alte del massiccio (le montagne si ergono fino a 3000m), ospita il maggior numero di vie in tutto il massiccio del Beydaglari. Le vie trad raramente salgono fino in cima poichè in alto l’angolo della parete cambia notevolmente, tutto diventa più facile ma anche ricoperto di vegetazione. Un altro motivo per cui raramente le vie vanno fino in cima è dovuto alla discesa lungo l’altro versante (la via normale per intenderci) che richiede molto tempo ed un grande sforzo.

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Ad oggi, ci sono circa 84 vie in 9 settori diversi che, fatta eccezione di alcune rare vie spittate ma comunque di carattere alpino, sono tutte vie trad. L’altezza delle vie varia molto, da monotiri fino a vie lunghe di 10 tiri. Come spiegato prima, solto alcune vanno fino in cima e queste solitamente richiedono un’intera giornata e molta arrampicata per facili roccette verso la fine. La roccia cambia di settore in settore ma la qualità è sempre molto buona, offrendo un’arrampicata verticale su placche d’aderenza, lungo colatoi e canne sottili. Non è un’esagerazione affermare che il miglior calcare si trova a Sivridağ.

Questa montagna è importante per tutti gli alpinisti turchi, non soltanto per le belle vie ma anche perché è situata così vicino alla civiltà, pur essendo in un ambiente così selvaggio ed affascinante. Si può arrampicare su vie lunghe o corte, facili o difficili, e poi tornare a casa e godersi un bicchiere di vino la sera. Inoltre, il potenziale di questa zona e le aree circostanti è ancora tutto da scoprire. Da notare che l’intera zona, tranne le famose falesie di arrampicata sportiva, è stata dichiarata una zona no-spit.

Il 4 aprile Rauf Osman Pınarbaşı ed io abbiamo effettuato la prima salita di Punisher; alta 450m, questa via sale delle bellissime placche su prese molto taglienti. Le soste sono tutte buone, le difficoltà si aggirano attorno al V, con due tiri di VI. La via segue la linea naturale che sale la cosiddetta ‘placca a forma di goccia’ ed offre una buona, piacevole ed esposta arrampicata, passando per due terrazze, per terminare in cima alla torre distaccata.

PERIODO
Inverno, primavera ed autunno sono buoni per arrampicare in Antalya. L’estate è estremamente calda e umida per l’arrampicata.

COME ARRIVARE
Da Antalya prendere la strada Altınyaka per 10 km fino al paese di Gedeller, poi prendere la strada verso sinistra per 2 km che vi porterà ad un gruppo di nuove ville. Il sentiero inizia da una fonte d’acqua. Seguite il sentiero segnato nel bosco,che porta alla base della grande parete est del Sivridağ. L’avvicinamento richiede al massimo 25 minuti. La direzione da seguire sempre è la grande placca grigia a metà parete.

BIBLIOGRAFIA
1- Antalya Traditional Rock Climbing Guide, by Yılmaz Sevgül ISBN 978-605-86935-0-0
2- A Rock Climbing Guide to Antalya, by Öztürk Kayıkçı ISBN 978-9944-5709-0-9